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VILLA MARGARET, CORDIANO, PERUGIA

GIARDINO LEONARDO SERVAZIO

In una lettera inviata nell’ottobre del 1958 il prof. Barola segnalava a Porcinai che “il Sig. Dott. Leonardo Servadio di Perugia desiderava farle vedere una sua villa” alla periferia della città. In realtà si trattava di un progetto per una “casa di campagna’ a due piani da costruire in località Pallotta” redatto dall’ architetto perugino Casciotti nel 1956. Nel febbraio del 1959 Porcinai inviava un progetto di massima, elaborato con Vincenzo Costa, “della casa di proprietà Dott. Servadio, da erigersi in Perugia”, ampliata in planimetria e ridotta in elevato rispetto alla proposta di Casciotti. Nel progetto veniva già abbozzata la sistemazione dell’intera area a giardino con siepi ed alberature. Interessante annotare che nel sottotetto la stanza più grande veniva destinata a “Giochi padre”, rivelando la passione di Servadio per la collezione di giocattoli. Alle sollecitazioni di Servadio, Porcinai rispondeva nel maggio del 1959 di esser lui “in attesa delle osservazioni al progetto” consegnato già da qualche mese, ma a quel tempo l’assorbente impegno per la creazione della società Elle-Esse aveva evidentemente distolto il committente dal progetto della villa. Il rapporto con Porcinai riprenderà nel 1969 per il progetto del giardino per la nuova residenza di campagna di Servadio.

Il nuovo progetto richiesto da Servadio a Porcinai riguardava la trasformazione a giardino di un appezzamento allungato su un poggio, nelle pendici di Colle S. Paolo e con l’affaccio sul Pian di Carpine: un’area, di contenute dimensioni e di forma trapezoidale, con una casa colonica e un’antica torre di guardia. Il progetto si è sviluppato in due fasi. Nella prima (1969-72), tutta l’attenzione è stata dedicata al giardino che, separato dal viale d’accesso carrabile, con gli spazi di parcheggio e di manovra per le auto, veniva relegato nella stretta fascia nel lato E della proprietà, posta ad una quota inferiore della parte residenziale. Questa separatezza veniva rimarcata da un’alta cortina di leccio e di corbezzolo (in sostituzione del mirto originariamente previsto) e da un muro di terrazzamento su cui si apriva il passaggio pedonale sotterraneo che penetrava all’interno del casale, mantenendo in questo modo occultato il giardino agli ospiti. Il casale costituiva il perno su cui ruotava il giardino. La parte meridionale dell’area, dominata dalla torre, che si ergeva al confine della proprietà, veniva organizzata a prato aperto e arioso, circondato da una cortina vegetale di arbusti ed alberi fruttiferi da fiore (mandorli e peschi). Nella parte settentrionale dal pergolato addossato alla facciata a N del casale fuoriusciva la piscina, affiancata da una vasca per le piante acquatiche che proseguiva all’esterno in forma di stagno. Questo spazio era racchiuso a N da una composita bordura di arbusti ed alberi. Un percorso segnato da pietre alloggiate nel prato collegava il casale con il campo da tennis collocato nell’angolo NE del giardino, in linea con il viale d’accesso e delimitato su tre lati da un’alta siepe con un andamento a festone. Nella seconda fase (1975-79) gli interventi si sono concentrati sul casale per trasformarlo in villa. Il pergolato è stato attrezzato come soggiorno vetrato, con la parete verso il laghetto che si poteva, all’occasione, aprire e chiudere completamente con pannelli scorrevoli, inglobando una parte della piscina all’interno del soggiorno. Una palestra sotterranea, ricavata sotto il soggiorno, completava la dotazione sportiva della residenza. Corrispondenza tra progetto e realizzazione Il giardino è stato realizzato in completa aderenza al progetto e alle varianti in corso d’opera apportate dal progettista, che ha avuto modo di seguire anche le fasi di realizzazione del giardino con suggerimenti, consigli e interventi.

I GRANDI PAESAGGISTI DEL 900

PIETRO PORCINAI

Un’importante capacità di Pietro Porcinai era quella di individuare i reali problemi e comprendere le procedure idonee, precorrendo sempre i tempi grazie ad una pre-veggenza fondata su basi tecniche sperimentate. Oltre al suo precoce ed innato talento naturale e alla sua intelligenza professionale, Porcinai aveva inoltre maturato una specifica formazione all’estero, in notevole anticipo rispetto ad altri, senza dubbio rimanendo influenzato dalla cultura paesaggistica di quei paesi, in particolare Germania e Belgio, dove aveva fatto pratica di tecniche colturali presso alcuni vivai specializzati. In Italia il percorso della sua formazione si intrecciò con un periodo cruciale dell’arte dei giardini: infatti, proprio nel 1924 Luigi Dami pubblicò II giardino italiano, dimostrando il primato italiano nell’arte dei giardini.

La natura autoctona e caratteristica del giardino italiano, nel riappropriarsi del suo primato in un campo diventato oggetto di studi di stranieri, soprattutto anglosassoni, culminò nella famosa Mostra del Giardino Italiano del 19311 a Firenze, dove si tese alla valorizzazione di un grande passato, senza tuttavia tentare di aprire la strada alla ricerca di nuove forme moderne nell’arte dei giardini. Presidente della Commissione esecutiva’ della mostra fu Ugo Ojetti, sostenitore di un’architettura monumentale e in stile. Nell’ambito della manifestazione furono riproposti dieci modelli ideali di giardini, in una sorta di percorso storico dell’arte dei giardini italiani, concepiti come piccole creazioni scenografiche in cui era presente anche il giardino paesaggistico all’inglese, anche se giudicato estraneo alla tradizione classica nazionale.