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GIARDINI STORICI | TOSCANA VILLA MEDICEA LA MAGIA © ALESSIO GUARINO 2021 cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper
VILLA LA MAGIA

Giardini Storici

Villa La Magia si trova nel comune di Quarrata in prossimità del centro in via Vecchia Fiorentina al n. 63 ed è stata un’importante villa medicea. Il nome deriva probabilmente da maia, femminile di maius, “maggiore”, da intendersi come appellativo per la villa principale della zona. Il nucleo originario della villa fu costruito nel Trecento dalla famiglia pistoiese dei Panciatichi, sulla valle dell’Ombrone alle pendici settentrionali del Montalbano, una serie di colli che segna il confine sud della piana che comprende Prato, Pistoia e Firenze stessa.

Luogo di importanza strategica, qui si svolse uno storico incontro, in occasione di una battuta di caccia, tra il duca Alessandro de’ Medici e l’imperatore Carlo V nel 1536.
Nel 1581 i Panciatichi subirono un fallimento commerciale e qualche anno dopo, nel 1583, la proprietà passò ai Medici, su interessamento di Francesco I, che desiderava incrementare gradualmente le proprietà terriere della casata nel territorio del Granducato. La posizione era particolarmente favorevole perché la tenuta di caccia confinava con quelle di Poggio a Caiano, di Artimino, dell’Ambrogiana e di Montevettolini, in un sistema di ville satellite attorno al Montalbano, dove esisteva la riserva di caccia reale, il “Barco Mediceo”.

Dal 1584 fu ristrutturata da Bernardo Buontalenti,architetto di corte, con un aspetto piuttosto semplice rispetto ad altre ville. L’edificio base aveva una pianta quadrangolare, con due corpi sporgenti a due angoli diametralmente opposti, senza giardino ma circondato da un ampio parco, che oggi in parte è stato assorbito dalla crescita del paese di Quarrata. Buontalenti si limitò a ristrutturare gli elementi preesistenti, come il loggiato interno, che venne tamponato, la colombaia che fu rialzata e il cortile che venne lastricato. Nel 1585 i lavori erano già ultimati.

Una particolarità della villa era il lago quadrato con le sponde murate (oggi colmato) con un capanno, progettato dallo stesso Buontalenti con l’assistenza di Davide Fortini e destinato alla pesca ed alla caccia di uccelli acquatici: tale elemento si vede nella veduta dipinta da Giusto Utens nel 1599. Il successivo granduca Ferdinando I de’ Medici la destinò a Don Antonio, figlio illegittimo di suo fratello Francesco e Bianca Cappello, mentre Ferdinando II la vendette.

Venne dunque acquistata, nel 1645, da Pandolfo Attavanti, i cui discendenti, tra la fine del secolo e l’inizio del successivo, avviarono una ristrutturazione riguardante soprattutto gli ambienti interni e il giardino. Amerigo Attavanti in particolare fece creare il giardino all’italiana di siepi geometriche e parterre, con fontana circolare centrale, e fece decorare l’interno con affreschi e stucchi, ai quali parteciparono Giovanni Domenico Ferretti (1715), Tommaso Gherardini e Giovanni Bagnoli. Tra il 1723 e il 1724 i lavori erano terminati. Le descrizioni dell’epoca ricordano la coltivazione di agrumi in vaso e in terra addossati al muro nord del giardino, con varie specie di fiori nelle aiuole: garofano, gelsomino, mughetto e violetta.

Nel 1752, con l’estinzione del casato, la villa passò in via ereditaria alla famiglia Ricasoli, in particolare a Bindaccio e Leone, baroni di Roccaguicciarda e della Trappola. Nel 1766 essi la vendettero poi al nobile pistoiese Giulio Giuseppe Amati. Egli promosse la ricostruzione della limonaia e la sistemazione del parco romantico nella zona a est della villa, in cui sentieri sinuosi si snodano tra boschetti di leccio, cipresso e alloro, fino a un laghetto artificiale con varie specie arboree. Fece riedificare la cappella in stile neogotico e l’ingresso monumentale in stile neoclassico, quest’ultimo disegnato da Antonio Gamberai.

Nel 1863 l’ultimo rampollo degli Amati, Giovanni Tommaso, scomparve lasciando in eredità i suoi beni a Giulio Cellesi, appartenente a un’antica e nobile famiglia pistoiese imparentata con papa Clemente IX, con i Rospigliosi, con i Banchieri e con tutte le famiglie nobili del circondario, purché assumesse il doppio cognome. Gli Amati Cellesi tennero la villa fino al 2000, quando fu acquistata dal Comune di Quarrata, che ha intrapreso un’opera di restauro conclusa nel 2005. In particolare sono state acquistate opere d’arte contemporanea ideate espressamente per integrare il paesaggio del parco, di Fabrizio Corneli, Anne e Patrick Poirier, Marco Bagnoli, Hidetoshi Nagasawa, Maurizio Nannucci e Daniel Buren.

ORTI BOTANICI IN ITALIA

Il Giardino Botanico è invece una raccolta di piante vive, per lo più cartellinate, con finalità principalmente ricreative e didattiche. La distinzione è quindi sottile e non sempre semplice da rilevare analizzando casi concreti. Nella breve storia degli Orti e dei Giardini Botanici che segue si rispetta comunque la convenzione di attribuire il rango di Orto Botanico solamente a quelle strutture (quasi esclusivamente universitarie) sorte dopo il 1544, data di fondazione del primo Orto Botanico universitario caratterizzato da finalità di ricerca scientifica di tipo moderno.

Sulla nascita e sull’antica funzione dei Giardini Botanici poco si conosce, nonostante vi siano numerose testimonianze scritte, riportate in diversi testi classici e medievali. Di certo si sa che i Giardini Botanici risalgono a tempi molto antichi e probabilmente i primi possono essere considerati quelli cinesi del secondo millennio a.C. Già allora in tutto l’oriente, soprattutto in India e in Cina, vengono create le prime strutture per la coltivazione delle specie vegetali utilizzate nella medicina popolare (AUDUS & HEYWOOD, 1976). Anche in ambito Mediterraneo, a partire dal XV sec. a. C. si ha notizia dei primi esempi di Giardini Botanici, come quello di Karnak in Egitto, creato da Tutmosi III e destinato principalmente alla coltivazione delle piante per uso alimentare. L’idea di un Giardino Botanico finalizzato allo studio delle piante risale al IV sec. a.C. e viene attribuita ad Aristotele (384-322 a.C.).

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