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IL BUSHIDO & IL GIARDINO ZEN C'è una connessione culturale e filosofica tra il giardino giapponese Zen e il Bushido, anche se non direttamente correlata. Entrambi riflettono gli aspetti più ampi della cultura giapponese, in particolare quelli legati al buddhismo Zen e alla filosofia che ha influenzato la società giapponese nel corso dei secoli. Il giardino giapponese Zen è spesso associato alla meditazione e al contemplare la natura. I giardini Zen sono progettati con cura per creare un'atmosfera di calma, armonia e semplicità. Elementi come rocce, sabbia, acqua e piante vengono utilizzati in modo strategico per stimolare la riflessione e la contemplazione. La ricerca di equilibrio, armonia e bellezza nella natura è un principio fondamentale sia nel giardino Zen che nel Bushido. Il Bushido, d'altra parte, è il codice etico dei samurai, e tra i suoi principi ci sono l'onore, la lealtà, la giustizia e la compassione. Questi principi, influenzati dalle tradizioni spirituali giapponesi, includono anche un profondo rispetto per la natura e la vita. I samurai erano spesso influenzati dalla filosofia Zen, che insegnava la meditazione e la consapevolezza nel momento presente. Entrambi, il giardino giapponese Zen e il Bushido, condividono un'apprezzamento per la natura, la bellezza, la semplicità e la ricerca di un equilibrio armonioso nella vita. Anche se non esiste una connessione diretta, entrambi sono espressioni della cultura giapponese che riflettono valori simili e la profonda connessione tra l'uomo e la natura. I luoghi della meditazione

Kōraku-en Garden

I Giardini di Okayama

È noto soprattutto per i suoi vasti prati, del tutto inusuali in un giardino giapponese, per sfruttare al meglio le tecniche paesaggistiche giapponesi dette kaiyū e shakkei, e per la presenza delle gru della Manciuria portatrici …

Arashiyama Bamboo Grove

La foresta di bambù di Arashiyama e Sagano

La foresta di bambù di Arashiyama e Sagano si trova in una riserva naturale dell’ampiezza di circa 160.000 metri quadrati, nell’area di Arashiyama. I bambù della foresta vengono usati come materie prime anche nell’artigianato  …

Tenryu-ji Garden

Un Giardino per il Gautama Buddha

Nel 1994, fu registrato tra i patrimoni dell’umanità dell’UNESCO come parte dei monumenti storici dell’antica Kyoto, ed è classificato al primo posto tra i cosiddetti “Cinque Monti” di Kyoto. Nel IX secolo, durante il primo …

IL GIARDINO GIAPPONESE Per secoli i giardini giapponesi si sono sviluppati sotto l’influenza dei giardini cinesi, ma a partire dal Periodo Heian i progettisti di giardini giapponesi cominciarono a sviluppare i loro stili, basati su materiali della cultura giapponese. Durante il periodo Edo, dal XVII al XIX secolo, il giardino giapponese raggiunge il suo massimo livello e cristallizzò le sue forme in aspetti distinti, in particolare nello stile cosiddetto kaiyū shiki ( “stile passeggiata”) caratterizzato da una forte complessità compositivi e diffuso fra i giardini laici. Successivamente, a partire dalla fine del XIX secolo, i giardini giapponesi hanno iniziato a modellarsi fondendosi con le influenze occidentali. I giardini laici degli imperatori e nobili sono stati progettati per la ricreazione e il piacere estetico, mentre i giardini religiosi di templi buddhisti sono stati progettati per la contemplazione e la discussione filosofica, in particolare con riferimento al mappō; una terza categoria intermedia è costituita dai giardini delle case per la cerimonia del tè. La credenza popolare per cui i giardini giapponesi servano per la meditazione è errata, dato che le pratiche ascetiche buddhiste si svolgono sempre al chiuso in specifici edifici chiamati zendō e mai all’aperto. Caratteristiche La caratteristica basilare del giardino giapponese è la presenza costante e inderogabile di quattro elementi standard combinati fra loro: rocce, acqua, vegetazione antropizzata, “manutenzione delle piante”), manufatti paesaggistici, “elementi del paesaggio”). I quattro elementi sono stati fissati da un testo anonimo dell’XI secolo intitolato Sakuteiki, in cui si spiega come devono essere usati e giustapposti fra loro; le spiegazioni, benché spesso criptiche e ricche di regole e divieti, chiariscono che al giardino viene attribuito un doppio valore spaziale e umano, spesso instaurando un rapporto fra spazio e uomo di tipo esoterico. La principale discriminante fra i vari stili di giardini giapponesi è la presenza o meno del secondo dei quattro elementi, ovvero l’acqua. La difficoltà di approvvigionamento dell’acqua in alcune località ha infatti portato i realizzatori di giardini a optare per soluzioni che non la prevedessero affatto. Data però l’obbligatorietà della presenza dell’acqua sancita dal Sakuteiki, i realizzatori hanno studiato varie maniere creative per incorporarla metaforicamente, arrivando alla creazione dei karesansui, ovvero giardini secchi in cui la presenza dell’acqua è rappresentata da distese di ghiaia che mimano il mare o di rocce che mimano cascate o altro, attraverso la tecnica paesaggistica del mitate (“imitazione”). I karesansui non sono una categoria a parte di giardini, ma un metodo di allestimento che può riguardare l’intero giardino o solo parte di esso, e fin dalla loro creazione nel XIV secolo da parte del monaco buddhista Musō Soseki si sono diffusi sia nei giardini religiosi sia in quelli laici, sia in quelli di dimensioni più estese sia negli tsubo niwa , giardinetti ricavati nelle intercapedini fra un edificio e un altro. Una categoria intermedia di giardino religioso-laico è il roji , il giardino rustico che circonda interamente o in parte la chashitsu ( “casa da tè”) al cui interno si svolge la cerimonia del cha no yu. Questi giardini sono generalmente di dimensioni molto ridotte e sono caratterizzati da una precisa simbologia nell’uso dei quattro elementi poiché rappresentano una sorta di area di passaggio fra il mondo reale e quello simbolico all’interno della chashitsu. Nell’Antichità I primi giardini giapponesi furono quelli per il piacere degli imperatori giapponesi e dei nobili. Sono citati in diversi brevi passaggi del Nihongi, la prima cronaca della storia giapponese, pubblicato nel 720. Nella primavera dell’anno 74 riporta: «L’imperatore Keikō ha fatto mettere alcune carpe in uno stagno, felice di vederle al mattino e alla sera». L’anno successivo: «L’imperatore ha fatto mettere una barca a doppio scafo nello stagno di Ijishi a Ihare, e se ne andò a bordo con la sua concubina imperiale, e banchettarono sontuosamente insieme». Infine al 486 riporta «L’imperatore Kenzō andò in giardino e banchettò a bordo di una barca in un ruscello». Il giardino cinese ha avuto un’influenza molto forte sui primi giardini giapponesi. Nel 552 circa il buddismo è stato importato ufficialmente in Giappone, attraverso la Corea, dalla Cina. Tra il 600 e il 612, l’imperatore giapponese inviò quattro delegazioni alla corte della dinastia cinese Sui. Tra il 630 e l’838, la corte cinese ha inviato altre quindici delegazioni alla corte della dinastia Tang. Queste delegazioni, con più di cinquecento membri ciascuna, includevano tra l’altro diplomatici, studiosi, studenti, monaci buddisti e traduttori. Hanno così importato la scrittura cinese, oggetti d’arte e descrizioni dettagliate di giardini cinesi. Nel 612, l’imperatrice Suiko fece costruire un giardino costituito da una montagna artificiale, che rappresenta Shumi-Sen, o Monte Meru, ritenuto nella tradizione indù e buddhista il centro del mondo. Durante il regno della stessa imperatrice, uno dei suoi ministri, Soga No Umako, fece realizzare un giardino nel suo palazzo con un lago e numerose piccole isole, che rappresentano le isole dei famosi Otto Immortali delle leggende cinesi e della filosofia taoista. Il palazzo, quando divenne di proprietà degli imperatori giapponesi, venne chiamato “Il Palazzo delle Isole”, ed è stato menzionato più volte nella Man’yōshū, la “Collezione di Foglie Innumerevoli”, la più antica collezione conosciuta di poesia giapponese. In base alle limitate testimonianze letterarie ed archeologiche disponibili i giardini giapponesi dell’epoca furono versioni modeste dei giardini imperiali della dinastia Tang, con grandi laghi su cui si trovavano isole e montagne artificiali. Le coste degli stagni erano realizzate con rocce pesanti. Anche se questi giardini avevano alcuni simboli buddisti e taoisti, erano pensati come giardini di piacere e posti per feste e celebrazioni. ESTETICA E FILOSOFIA
Testo di Pietro Porcinai e Attilio Mordini

Giardini d'occidente e d'oriente

Secondo il mito la storia del Giappone ebbe inizio quando il ponte che univa il Cielo alla Terra fu distrutto e Gimmu Tennò divenne il primo degli imperatori terreni, dopo che per tanto tempo le divinità stesse del Cielo avevano governato, non senza guerra, il paese. Dovette da allora rimanere agli uomini un’insopprimibile nostalgia di quell’aereo ponte che era via al cielo, di quel cielo diventato isola inaccessibile. Forse l’anima del Giappone si chiuse in se stessa come il Giappone entro il suo mare, per essere poi capace di ritrovare nella vita della natura la presenza del paradiso. E da quella mitica nostalgia nacquero i giardini. Quando nel VI secolo d.C. il Buddhismo Zen, importato dalla Cina, si diffonde, non senza ostacoli, nel clima fortemente poetico dello Shintoismo, abbiamo già in atto gli elementi religiosi e psicologici essenziali alla fioritura dei giardini.

La religione shintoista, considerata la religione originaria e nazionale del Giappone, insegna a guardare alla natura come veicolo o espressione della divinità o, meglio, delle diverse divinità, siano esse quelle dei monti, delle sorgenti o quelle del vento o del fuoco. Lo Zen era, più che una teoria, un metodo di vita, era meditazione ed esercizio insieme, era il vivere la vita del Tutto entro e al di sopra della propria personalità che in Giappone si traduce e si realizza in termini quasi guerreschi di lotta, di eroico controllo, di rinuncia.

Cha no yu

È una delle arti tradizionali zen più note. Codificata in maniera definitiva alla fine del XVI secolo dal monaco buddhista zen Sen no Rikyū, maestro del tè di Oda Nobunaga e successivamente di Toyotomi Hideyoshi. Il cha no yu di Sen no Rikyū riprende la tradizione fondata dai monaci zen Murata Shukō e Takeno Jōō. La cerimonia si basa sulla concezione del wabi-cha. Questa cerimonia e pratica spirituale può essere svolta secondo stili diversi e in forme diverse.

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FEMKE BIJLSMA To appreciate a traditional Japanese garden, one must first understand the beauty of a rock. Like every stone possesses a unique character and expression, its whimsical shape and the moss that grows upon it stimulate the imagination and unveil the beauty of the modest, the rustic, the imperfect, and even the decayed.

Among all Japanese gardens, Zen gardens are the most renowned. Mostly located in Kyoto and its surroundings, the Buddhist center of Japan and the origin of Zen gardens, they come in many different styles and forms but share the same purpose. They are all tools, vehicles for meditation and reflection. As such, they tend to be much more metaphorical than other gardens. The rocks, trees, pond, and milestones may seem natural and randomly placed, but they are carefully chosen and positioned. However, the Zen gardener aims to cultivate as if not cultivating, as if the gardener is part of the garden. In fact, Japanese Zen gardens appear assisted rather than ruled by the gardener.

You can stroll through a Zen garden, but more often, you are encouraged to simply look at it; viewpoints are meticulously directed. Here, at the Daitokuji temple, the garden is of a so-called flat style, appreciated from inside the building, in this case, the temple. One should absolutely not enter the garden, except with the eyes. Sitting on the veranda, you can observe the perfectly static yet natural image of moss, trees, and the bamboo forest in the background, which changes slightly depending on light, weather, and season. This has such a calming and meditative effect, freeing the mind from distractions and, in the best case, prompting profound insight. According to Zen Buddhism, we rediscover our lost but true Buddha nature by striving for a mental state free from material concerns.

The Japanese garden is often considered the aesthetic counterpart to the "Western" garden, being organic versus artificial. This may be true when compared to a French Renaissance-style garden, but other Western gardens actually share some principles with Japanese gardens. One such principle is the borrowed scenery concept, also applied in Florentine Renaissance gardens. Designers "borrowed views" when using background views from outside the garden, such as a mountain or the ocean, and transformed them into an integral part of the scenic composition. Another familiar element might be the panoramic walk, a path around the garden that creates the illusion of an extensive journey within a confined space, which, in this case, wraps around a pond. The same technique, albeit on a much larger scale, was used in English gardens.

What distinguishes the Japanese garden from the Western one is not so much its organic or natural appearance as its symbolic abstraction, and the ability to mimic the vastness of a broad landscape within a very limited space. An example is the use of white sand with a few rocks to suggest islands in the sea.

But the secret of the Zen garden lies in wabisabi. This Japanese word describes an aesthetic sensibility based on the appreciation of the transient beauty of the physical world. It is also the most difficult word to translate, and even the Japanese are not exactly sure what it means. As is typical of Zen: there is no truth, no perfection in form, only in the mind. Wabi Sabi. With its attention to the delicate subtleties, objects, effects, and environments of the natural world, wabi sabi promotes an alternative approach to the appreciation of both beauty and life itself. An approach that can serve as a launching pad or a bridge between the snares of the material world and the allure of a life of austerity and simplicity.
THE ZEN GARDEN
Tea ceremony room

Chashitsu

Un chashitsu è una struttura costruita per l’ospite di una cerimonia del tè (maestro, ospite) per invitare gli ospiti e servire loro il tè nella cerimonia del tè in stile giapponese. È anche chiamata ‘cerimonia del tè’, ‘recinto’ o ‘sukiya’. Sono approssimativamente divisi in quelli in stile paglia e quelli in stile shoin, ma in generale si riferiscono spesso a quelli in stile paglia. In alcuni casi è costruito come edificio indipendente, in altri casi è integrato in un edificio come una sala studio. 

JAPANESE GARDENS

It’s not easy to provide an exact date of its origin. According to some, it can be linked to the construction of the Tatsumi Canal in 1632 by Maeda Toshitsune, the third head of the Maeda clan from 1605 to 1639. The canal was later incorporated in 1822 into the winding artificial river of the garden. According to others, the garden owes its existence to the fifth daimyo of Kaga, Maeda Tsunanori (r. 1645–1723). In 1676, he had the building called Renchi-ochin (“Lotus Pond Pavilion”) constructed on the slope in front of Kanazawa Castle, along with a surrounding garden initially named Renchi-tei, “Lotus Pond Garden.” Little is known about the structure and features of Renchi-tei due to a fire that almost completely destroyed it in 1759. According to documents from earlier years, the garden was often visited by local nobility who organized banquets to appreciate the moon and autumn leaves and to admire horses.

There is a legend related to the Sacred Fountain of Kenroku-en, considered by some as the oldest element of the garden still present today, which states:

1,200 years ago, a farmer named Tōgorō stopped at the fountain to wash potatoes. Suddenly, fragments of gold began to rise to the water’s surface, giving the city the name Kanazawa, “Golden Marsh.” The water comes from the purification basin located at the nearby Shinto shrine, and many people come to collect water for tea ceremonies at this fountain. The Shigure-tei, a tea house built in 1725 and miraculously survived the fire of 1759, not only seems to indicate the spread of this ritual before the fire but also the culture traditionally associated with it, influencing the garden’s aesthetics. The Shigure-tei was used even after the fire and then completely restored during the Meiji period.