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INES ROMITTI Fiesole e il suo paesaggio, in cui si legge il trascorrere del tempo e l’affascinante miscela di storia, cultura, arte e natura, sono il risultato di una vicenda plurimillenaria che appartiene alla civiltà del mondo. Ciò che caratterizza in modo eccezionale le colline fiesolane è la simbiosi tra uomo e natura. A Fiesole, tale armonia ha radici remotissime, poiché già il dominio etrusco instaurò un rapporto equilibrato tra l’aristocrazia urbana e le strutture della produzione agricola, rapporto poi mantenuto dai Romani e nei secoli successivi. Dal Quattrocento ad oggi la bellezza del paesaggio, il pregevole patrimonio ricco delle testimonianze archeologiche ed artistiche non è mai venuto meno. L’immagine di Bel paesaggio è quella che rimanda immediatamente agli scenari pittorici di Duccio, Beato Angelico, Benozzo: una campagna dalle forme straordinariamente armoniose con le colture promiscue, le viti maritate, le ville sui poggi e le case coloniche sparse nella campagna. Il paesaggio fiesolano è prevalentemente un paesaggio collinare che si estende tra la valle dell’Arno e quella del Mugnone, due valli differenti tra loro, la prima ampia ed ariosa in direzione est ovest e quella dell’affluente, più ristretta ed allungata nel senso delle pieghe del rilievo, in direzione nord-sud.’ L’orientamento è un fattore fondamentale, definisce l’esposizione, determina microclimi diversi che si leggono nella diversa vegetazione, nei toponimi dei luoghi, come ad esempio Il Salceto, Il Castaceto, che nella valle del Mugnone, più fredda e investita dal tramontano, indicano la presenza di latifoglie mesofile,s adatte ad un ambiente montano fresco e umido. Fynes Moryson, il grande viaggiatore inglese, in Italia agli inizi del Seicento per il Grand Tour, così descrive Fiesole, vista dalla città di Firenze: “A settentrione e ad oriente la città è circondata da amene colline coltivate a frutteti che s’estendono tutt’attorno a mo’ d’anfiteatro; alle loro spalle, in lontananza, le alte groppe dell’Appennino fungono da solide mura per la città”. Così i rilievi collinari mostrano forme particolarmente dolci, i percorsi procedono in salita tra pinete e cipresseti, a tratti il bosco si apre su conche d’olivi con al centro una o più case coloniche, ville padronali circondate da parchi e giardini, ma le colture agricole, nonostante la vicinanza della città, riescono a mantenere il carattere d’ambiente “naturale” di questi luoghi. Fino all’inizio di questo secolo non esistevano le folte macchie di resinose che oggi si ammirano, si tratta infatti di rimboschimenti di pini e di cipressi su terrazzi rocciosi in precedenza denudati dall’originario manto di roveri, roverelle e cerri. John Temple-Leader,’ il signorotto inglese che verso la fine dell’Ottocento si stabilì su queste pendici acquistando vasti possedimenti, ebbe un ruolo fondamentale, oltre che nella costruzione del Castello di Vincigliata, anche nella creazione del paesaggio attorno al castello stesso fino a Maiano.

Analoga la copertura vegetale di Monte Ceceri, dove i rimboschimenti sono stati effettuati in maniera massiccia a partire dal 1929, a risanamento della situazione di degrado determinata dall’intenso sfruttamento delle cave d’arenaria di Maiano. Questo colle ha una natura geologica ben diversa da quella dei colli circostanti, legata alla presenza di arenarle appartenenti alla formazione del macigno. A Maiao le cave che servirono per i capolavori fiorentini erano in uso fino al XV secolo, quando si arrivò a contarne fino a 40. Scrive Francesco Rodolico: “il macigno e le sue varietà [pietra serena e pietra bigia] abbondano tra Monte Rinaldi e Monte Ceceri”‘ e riporta tale descrizione di Agostino del Riccio: “È tanta copia di pietre varie appo la città […] che non è meraviglia che i tempii e chiese, torri, palazzi, casamenti, logge fanno stupire tutti i forestieri”. Henri Desplanques descrive così il paesaggio toscano: “La collina assumeva una suap articolare identità […] anche in relazione ad un particolare tipo di paesaggio agrario: quello della coltura promiscua. Il paesaggio rurale ha sempre avuto in Toscana un tocco di signorilità. L’efficienza produttiva era sposata in modo indissolubile al superfluo: a volte pochi alberi, un singolo cipresso o un filare posti presso una casa, lungo un crinale, lungo i confini di un campo, una fila scura di cipressi, piante cui possono attribuirsi molti significati ma, raramente, quelli produttivi, a segnalare una fattoria o una residenza signorile”. Colture e sistemazioni agrarie di vecchio impianto caratterizzano i dolci colli, come afferma Pietro Porcinai, il grande paesaggista che aveva scelto Villa Rondinelli, posta lungo la Via Vecchia Fiesolana, per lavorare: “Il paesaggio toscano è assimilabile a un giardino, ne possiede la logica e l’identità per questo motivo per conservarlo bisogna coltivarlo, ma occorre dare a questa finalità produttiva un connotato più ampio comprendente sia gli aspetti storico-culturali che quelli estetici”. I° Il paesaggio fìesolano, rurale, è rimasto per vari aspetti arcaico e presenta oggi interesse di documento storico e, ancora secondo Porcinai: “Il paesaggio è un palinsesto, una stratificazione di opere di interventi per cui si può leggere la storia di un popolo come se si avesse un libro aperto davanti agli occhi”. Ogni momento della storia si esprime nel paesaggio con le proprie impronte, legate alle esigenze di quel periodo e alla sua cultura.

Nel paesaggio fiesolano giocano un ruolo fondamentale i giardini, che disegnano i tratti caratteristici di quello che è considerato uno dei più famosi paesaggi del mondo. La Wharton, nel descrivere le ville fiesolane e i loro giardini, si esprime: “ne è risultato un meraviglioso sviluppo di quegli effetti che si possono permanentemente ottenere dagli altri tre fattori della scenografia di un giardino: pietra, acqua e sempreverdi. La loro forma e struttura, i materiali e gli elementi vegeta-li sono strettamente legati e dipendenti dall’ambiente in cui sono inseriti. Un paesaggio di giardini, entro cui recita sempre un ruolo predominante il cipresso, o raggruppato in grandi mac chie ordinate o in filari su terrazzi degradanti, dove sono inoltre presenti le più nobili specie ornamentali: l’alloro, il viburno, la lentaggine, il leccio, il cerro, la roverella. Il sottofondo e costituito dall’olivo che ricorda il ruolo portante svolto dalla campagna nella costruzione di questo paesaggio. L’olivo ha un glorioso passato, coltura promiscua componente strutturale del bel paesaggio. Gli olivi sopravvissuti alle trasformazioni socio economi che, alle gelate del 1985, hanno a fronte un futuro incerto: la scelta è tra l’abbandono e la sperimentazione alla ricerca di nuovi modelli. Il paesaggio scandito dall’olivo assume sempre una valenza estetica di alto valore, frutto di un’elevata ricerca dell’utile, ma forse anche di un innato senso del bello, di un amore per questa pianta dovuto al suo intrinseco valore simbolico. E legittimo credere che tra le immagini pittoriche rinascimentali e i giardini esistesse un costante rimando, mutuato dalle descrizioni letterarie.



Possiamo riferirci ad immagini pittoriche, come le celebrate raffigurazioni dell’Angelico nel Giudizio universale, in cui la rappresentazione dettagliata della natura evoca una salita fiesolana, oppure di Benozzo Gozzoli che nel Viaggio dei Magi, nella Cappella dei Magi in Palazzo Medici Riccardi rappresenta la Toscana medicea. Boccaccio, nella sesta giornata del Decamerone, descrivendo il paesaggio che circondava la sua bellissima Valle delle donne “montagnette così digradando gaia verso il piano discendevano, come nei teatri veggiamo dalla sommità i gradi infimo all’infimo venire successivamente ordinati, ed erano queste piaggie tutte di vigne, di ulivi, di mandorli, di ciliegi, di fichi e d’altre maniere d’alberi fruttiferi piene”. ” Antichi commentari hanno creduto di identificare in tale descrizione il paesaggio collinare fiesolano, l’eccezionale sistema insediativo che a terrazzi risale Via Vecchia Fiesolana fino a culminare nella villa Medici e nel colle “lunato” tra San Francesco e Sant’Apollinare. Fiesole, favorita dalla privilegiata posizione geografica che consente di godere da vari poggi di uno dei più suggestivi affacci della Toscana, suggerisce a prima vista che questo paesaggio collinare di pregio va conosciuto, capito, amato e difeso e che qualsiasi intervento deve avvenire nel pieno rispetto di tale contesto storico, paesaggistico, ambientale. È importante quindi individuare i caratteri fondamentali di identità del paesaggio, dei giardini e dei parchi per mantenere una continuità stilistica e tipologica fondata su quei valori che la storia, la cultura e la tradizione ci tramandano e che spesso mancano nei nuovi insediamenti e che si vanno rapidamente perdendo nelle realtà più antiche. Pietro Porcinai, da attento paesaggista, affermava per esempio che: “le magnolie, piante da pianura disarmoniche e stridenti con lecci e cipressi sulla strada di Fiesole, in quel contesto si dovevano impiantare lecci o cipressi”.” Sono quindi da prediligere le piante mediterranee sempreverdi: lecci, olivi, cipressi, o spoglianti: querce, aceri, frassini e alberi da frutto della tradizione contadina, giuggioli, nespoli, fioriture poco appariscenti, ma profumate di allori, mirti e corbezzoli, rose e lentaggini. Il tema della identità storica paesaggistica e ambientale, che ha guidato nel mantenimento dei valori e dei caratteri che creano questo luogo unico e che deve essere mantenuta, ci conduce e ci accompagna nel percorso e nelle visite ai giardini.

CONOSCERE I GIARDINI FIESOLANI

Da oltre vent’anni il Comune di Fiesole e l’AIAPP, Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio, si sono impegnati nella valorizzazione del ricco patrimonio paesaggistico, storico, culturale, naturalistico presente sul territorio, con l’impegno di rendere visibili al pubblico un numero sempre più vasto di giardini posti a corredo delle splendide dimore e considerati proprio in valore della loro bellezza e della loro importanza. Per questa operazione di divulgazione, in primavera e autunno, sono stati coinvolti specialisti del paesaggio che hanno tenuto vere e proprie lezioni all’aperto, alla riscoperta della magia di luoghi altrimenti inaccessibili. Le visite si sono rivolte ad un gruppo significativo di giardini che si collocano, pur insistendo nel territorio comunale fiesolano, in ambiti differenti tra di loro a causa dell’esposizione, del microclima, del sito e del rapporto paesaggistico. Visto il grande successo di pubblico presente alle visite e l’interesse dimostrato, non solo dai residenti, ma anche dai turisti, è nata l’idea di realizzare questa pubblicazione, una guida più snella che presenta i giardini generalmente coinvolti nell’iniziativa, con lo scopo di offrire una documentazione ai partecipanti, che potranno mantenere vivo il ricordo di ciò che hanno potuto apprendere ed ammirare. Le indicazioni bibliografiche permetteranno ulteriori approfondimenti ai lettori e visitatori interessati. Si ringraziano i proprietari dei giardini per la loro gentile disponibilità e collaborazione.
Il Paesaggio Fiesolano
I GRANDI PAESAGGISTI DEL 900

PIETRO PORCINAI

Un’importante capacità di Pietro Porcinai era quella di individuare i reali problemi e comprendere le procedure idonee, precorrendo sempre i tempi grazie ad una pre-veggenza fondata su basi tecniche sperimentate. Oltre al suo precoce ed innato talento naturale e alla sua intelligenza professionale, Porcinai aveva inoltre maturato una specifica formazione all’estero, in notevole anticipo rispetto ad altri, senza dubbio rimanendo influenzato dalla cultura paesaggistica di quei paesi, in particolare Germania e Belgio, dove aveva fatto pratica di tecniche colturali presso alcuni vivai specializzati. In Italia il percorso della sua formazione si intrecciò con un periodo cruciale dell’arte dei giardini: infatti, proprio nel 1924 Luigi Dami pubblicò II giardino italiano, dimostrando il primato italiano nell’arte dei giardini.

La natura autoctona e caratteristica del giardino italiano, nel riappropriarsi del suo primato in un campo diventato oggetto di studi di stranieri, soprattutto anglosassoni, culminò nella famosa Mostra del Giardino Italiano del 19311 a Firenze, dove si tese alla valorizzazione di un grande passato, senza tuttavia tentare di aprire la strada alla ricerca di nuove forme moderne nell’arte dei giardini. Presidente della Commissione esecutiva’ della mostra fu Ugo Ojetti, sostenitore di un’architettura monumentale e in stile. Nell’ambito della manifestazione furono riproposti dieci modelli ideali di giardini, in una sorta di percorso storico dell’arte dei giardini italiani, concepiti come piccole creazioni scenografiche in cui era presente anche il giardino paesaggistico all’inglese, anche se giudicato estraneo alla tradizione classica nazionale.

I GRANDI PAESAGGISTI DEL 900

Cecil Ross Pinsent (1884-1963) was an influential English architect and landscape designer renowned for his contributions to the creation of stunning gardens in Italy during the early to mid-20th century. Born in Montevideo, Pinsent developed a deep affinity for Italian culture and aesthetics, which greatly influenced his approach to landscaping. His work is characterized by a harmonious blend of traditional Italian design principles and a keen sensitivity to the natural environment. Collaborating with renowned architect Edwin Lutyens, Pinsent left an indelible mark on the gardens of Tuscany, particularly in areas like Florence and Siena. His landscapes are celebrated for their timeless beauty, characterized by formal elements, symmetry, and meticulous attention to detail, making Cecil Ross Pinsent a key figure in the history of Italian garden design.