Il giardino riflette non solo le impronte e le mode dei tempi in cui fu realizzato ma anche le idee e il pensiero del suo artefice. Un sottile filo rosso lega infatti i giardini, le cui forme, adattandosi alle diverse ideologie e mode, nel volgersi dei tempi conservano nella loro intima essenza uno stretto legame con quel patrimonio di archetipi e simboli con cui si declina il linguaggio dell’anima. Così la natura, addomesticata nello spazio di un giardino, diventa strumento evocativo e insieme mezzo per tramandare antiche e profonde verità. Fin dalle origini il giardino è sempre stato per antonomasia un topos sacro di vasta simbologia. Nel giardino, dove il cosmo si riflette nel microcosmo, si celebra l’epifania del divino. Il sacrale sentimento della natura diventa fin dalla più remota antichità strumento di autorivelazione.
Il linguaggio ermetico rinascimentale e manierista trasforma il giardino in una sorta di teatro della memoria dove si celebra il rituale del mistero. Non a caso la pratica alchemica si rivolge al repertorio iconografico e simbolico naturale per illustrare i segreti percorsi della Grande Opera. L’alchimista traduce in esperienza l’armonia della natura e i suoi ritmi segreti per dare piena realtà alla metafora. Ai primi echi romantici il giardino nuovamente si trasforma. Itinerari iniziatici ritagliano le orme dei sentieri costellati di fabbriche allusive ad altre e perdute sacralità. In sostanza nel giardino, occulto santuario del segreto, si intrecciano fascinazioni e rimandi trasversali a quel sistema di miti e simboli che formano l’impalcato della nostra psiche e dove l’anima si invola verso gli abissi luminosi dell’essere.