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PAESAGGIO & STORIA “La storia dei giardini è molto lontana dall’essere stata completamente scritta. Rimangono ancora secoli oscuri e, come succede ad esempio per l’architettura, che è un’arte così vicina all’arte dei giardini, non si arriva sempre a riconoscervi con certezza filiazioni e influenze”
Pierre Grimal, 1974
L’Exposition sur le jardin italien à Palazzo Vecchio (1931) The Exhibition on the “Italian Garden” in Palazzo Vecchio (1931)

La rilettura di una mostra fiorentina degli anni Trenta è un’occasione per valutare, quasi un secolo dopo, i risultati e i giudizi critici su di un evento culturale fortemente orientato dal particolare contesto nazionalista del momento.

La Mostra del giardino italiano fu inaugurata il 24 aprile 1931 nel Salone dei Dugento di Palazzo Vecchio. Un ricchissimo repertorio di 4000 opere dedicato alla iconografia storica sul tema del giardino a partire dal medievo fino alla fine del Settecento fu riunito in cinquantadue sale del Palazzo. La selezione comprendeva pitture, disegni, stampe, libri, giuochi, fiori finti antichi e moderni in stoffa, mollica di pane, in filigrana d’argento, perline di porcellana e di vetro provenienti da Doccia e da Murano. L’obiettivo di mostrare in questa occasione che l’arte del giardino italiano era rimasta al centro dell’attenzione europea «per quasi duemila anni» fu alla base dell’importante ed eterogenea raccolta di documenti. Nelle prime linee di presentazione del catalogo, Ugo Ojetti — Presidente della Commissione esecutiva — scriveva:

Con questa Mostra del Giardino Italiano Firenze vuole tornare alle grandi Mostre storiche che, nel 1911 con la Mostra del Ritratto Italiano, e nel 1922 con quella della Pittura Italiana del ’600 e del ’700, sono state il suo vanto. Anche questa Mostra intende rimettere in onore un’arte singolarmente nostra che dopo aver conquistato il mondo sembrò offuscata da altre mode o nascosta sotto nomi stranieri.

Le tre mostre furono preparate dall’équipe formata da Ugo Ojetti, Nello Tarchiani e Luigi Dami. Scomparso nel 1925, Dami venne sostituito dal Conte Carlo Gamba Griselli nella mostra del 1931. Si riconosce la loro impronta in ciascuna delle tre mostre dove l’équipe arriva a riunire un numero impressionante di opere nei due palazzi principali di Firenze: 800 quadri a Palazzo Vecchio per la mostra Il ritratto italiano dal Caravaggio al Tiepolo, 1 056 quadri a Palazzo Pitti per La pittura italiana del ’600 e ’700. Altra caratteristica comune alle mostre, la loro sommaria presentazione in minuscoli cataloghi. Prima si faceva la mostra, poi, eventualmente, se ne faceva un libro qualche anno dopo. Nei primi due casi, alla descrizione minuziosa delle sale del Palazzo in cui le opere venivano esposte faceva seguito, nel catalogo, la lista degli artisti ed i titoli dei quadri senza alcun cenno sugli obbiettivi della mostra. Per presentare le opere riunite nella Mostra della pittura italiana del Sei e Settecento si disposero i quadri nelle sale secondo l’ordine alfabetico degli autori, per ogni pittore vennero indicate le date di nascita e di morte fatte seguire dai titoli delle opere presentate nella sala senza indicare le misure dei quadri, senza nessun cenno biografico o critico sull’artista e la sua opera. L’avvenimento culturale di questa mostra fu la presentazione di diciotto tele di Caravaggio a cui sarà dato grande spazio nel libro sulla mostra, pubblicato due anni dopo.

INES ROMITTI Il paesaggio è qualcosa di complesso, esso nasce prima di tutto nella mente del soggetto, si forma attraverso la visione di quell’insieme di oggetti e di vedute che si alternano sul territorio. Paesaggio è l’alternarsi di beni culturali (chiese, monasteri, castelli, centri storici ecc…) con bellezze naturali (vedute di montagne, mare, foreste, fiumi ecc…). Paesaggio è anche l’insieme di tutte le tradizioni di un popolo o di una città (feste popolari, modo di vivere ecc…). Quando ci si riferisce al paesaggio in generale bisogna fare riferimento a tutti questi elementi importanti e caratterizzanti.

Il paesaggio è come un grande quadro e per vederlo e capirlo bisogna far uso dei cinque sensi del corpo umano: la “vista”, “l’olfatto”, “ l’udito”, “il gusto” e “il tatto” .

La vista è senza dubbio il senso principale per capire il paesaggio. Vedere è conoscenza. Vedere significa penetrare nell’oggetto, in questo caso nel paesaggio, e relazionarlo con noi stessi. La vista non può fare a meno della luce capace di disegnare atmosfere particolare. Nel paesaggio la luce da vita a colori e forme che acquistano un diverso significato, dal misterioso, al sognante, al paradisiaco: il grigiore di un temporale in arrivo che fa da sfondo a un borgo medievale o a un castello diroccato ancora rischiarati dagli ultimi raggi del sole, un tramonto goduto dall’alta montagna, una splendida veduta sul mare in una bellissima giornata di sole. L’olfatto o odorato ci fa sentire i profumi del paesaggio, profumi che vengono dai campi, dalla terra, dagli alberi da frutta, dalle siepi.

L’udito ci avvicina ai canti popolari ma anche al canto degli uccelli, alle acque in caduta di una cascata o di un ruscello, al rumore delle onde del mare, al suono del vento;

Il tatto ci fa sentire la maestosità di un tronco di quercia o di ulivo ma anche la pietra di un’antica costruzione immersa nel verde;

Il gusto ci fa assaporare i frutti che nascono nel paesaggio e quei prodotti tipici che hanno evidenziato per secoli le usanze e i costumi di un popolo.

L’olfatto ci fa sentire i tanti odori degli alberi e tantissimi profumi dell’erba dei campi, delle erbe aromatiche, dei frutti e dei fiori.

L’immagine del paesaggio italiano intesa come “quadro naturale” fu una intuizione bellissima di Benedetto Croce, che si fece promotore della prima importane legge “per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 21 giugno 1922. Secondo Croce, era l’osservatore colui che riconosceva un valore qualitativo nel “godimento” del paesaggio, valore che doveva essere tutelato e conservato nel tempo.

Ecco cosa scrive Croce:

“Certo il sentimento, tutto moderno, che si impadronisce di noi allo spettacolo di acque precipitanti nell’abisso, di cime nevose, di foreste secolari, di riviere sonanti, di orizzonti infiniti deriva della stessa sorgente, da cui fluisce la gioia che ci pervade alla contemplazione di un quadro dagli armonici colori, all’audizione di una melodia ispirata, alla lettura di un libro fiorito d’immagini e di pensieri. E se dalla civiltà moderna si sentì il bisogno di difendere, per il bene di tutti, il quadro, la musica, il libro, non si comprende, perché sia si tardato tanto a impedire che siano distrutte o, manomesse le bellezze della natura, che danno all’uomo entusiasmi spirituali così puri e sono in realtà ispiratrici di opere eccelse. Non è da ora, del resto, che si rilevò essere le concezioni dell’uomo il prodotto, oltre che delle condizioni sociali del momento storico, in cui egli è nato, del mondo stesso che lo circonda, della natura lieta o triste in cui vive, del clima, del cielo, dell’atmosfera in cui si muove e respira.”

Per Croce il paesaggio era l’identità spirituale di una comunità, e distruggerlo o degradarlo significava disruggere lo stesso spirito di quella comunità, portando i membri stessi a perdere totalmente il rapporto con i propri luoghi, sradicandone le radici storiche e culturali.

Il paesaggio culturale italiano come luogo di ispirazione e di arte

Quando si parla di paesaggio culturale italiano si deve guardare a un brand Made in Italy di altissimo livello che custodisce siti UNESCO e luoghi di inestimabile valore storico-culturale unici al mondo. Il paesaggio culturale italiano è sempre stato luogo di ispirazione, ha generato emozioni nei viaggiatori e negli artisti, è stato studiato e contemplato da botanici e da naturalisti. E’ un tesoro in grado di produrre reddito e creare posti di lavoro. Il paesaggio culturale italiano è un insieme di meraviglie che vanno dalle opere d’arte, alle chiese, ai castelli, alle rovine di età classica, fino alle vedute mediterranee e nelle tradizioni… tutto questo crea una incredibile sentimento di ammirazione e di fascino. L’emozione è la grande protagonista del nostro paesaggio italiano.
Il paesaggio e i suoi molteplici significati

La storia dell’arte italiana dei giardini è stata trattata finora seguendo due linee espositive ben distinte: la prima propensa ad esaltare quest’arte nel suo massimo splendore rinascimentale e barocco, privilegiando quindi la storia del giardino «all’italiana», piuttosto che quella del giardino italiano; la seconda concepita come una seducente rassegna di giardini eccellenti, ognuno emergente con caratteri storici e artistici ben definiti. In entrambi i casi il giardino finiva per essere separato da quella evoluzione delle idee che ne aveva condizionato la nascita e rinnovato nel tempo l’aspetto, lasciando supporre che esso fosse più il prodotto di un isolato estro artistico che il risultato di una meditata riflessione maturata dall’uomo nei confronti della natura.

Così Alessandro Tagliolini, nel 1988, nella premessa alla sua Storia del giardino italiano rende chiara l’idea di quanto sia giovane la disciplina che studia il giardino come opera all’interno della storia dell’architettura. Il giardino, per il suo ambiguo carattere diviso tra natura e artificio, e per la sua costituzione effimera e fortemente simbolica, è da sempre fonte di ispirazione e luogo di ambientazione di numerose opere letterarie e artistiche, nonché oggetto di innumerevoli manuali di giardinaggio. Ma è solo nel 1981 che l’International Council of Monuments and Sities riconosce nel giardino storico «una composizione architettonica e vegetale che dal punto di vista storico o artistico presenta un interesse pubblico. Come tale è considerato come un monumento», secondo quanto recita il primo articolo della Carta per la salvaguardia dei giardini storici, meglio nota come Carta di Firenze.

Il giardino si configura dunque nella cultura di ogni epoca come una testimonianza di una realtà storica, un organismo complesso ed un’espressione dell’opera dell’uomo da tramandare e da salvaguardare. Il giardino, insieme al più articolato sistema del paesaggio, costituisce un tema di grande attualità; il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha da tempo strutturato all’interno della sua organizzazione un Ufficio Studi specifico e un Comitato Nazionale per lo Studio e la Conservazione dei Giardini Storici, mentre si sta consolidando oggi una vera e propria disciplina che trova sempre maggiore spazio nelle università italiane. La recente opera di Vincenzo Cazzato, Ville e giardini italiani. I disegni di architetti e paesaggisti dell’AmericanAcademy in Rome, oltre ad analizzare in maniera critica il contesto in cui si inaugurarono gli studi sul giardino storico, offre l’occasione per ripercorrere sinteticamente la fortuna bibliografica sul tema in Italia, inserita di volta in volta nel momento storico-ideologico di pertinenza.

LE RESIDENZE E I GIARDINI STORICI DELLA LUCCHESIA Le dimore storiche della Lucchesia raccontano, pietra dopo pietra, l’illustre passato del territorio. Molte risalgono all’epoca rinascimentale e barocca, e custodiscono al loro interno non solo memorie familiari, ma anche opere d’arte, arredi preziosi e architetture sontuose che trasportano il visitatore in un’altra epoca.

Altrettanto straordinari sono i giardini che accompagnano queste residenze: spazi verdi progettati con maestria, dalle geometrie raffinate, fontane eleganti, fioriture ricche e mutevoli. Ogni giardino è un piccolo mondo a sé, dove natura e progetto convivono in perfetto equilibrio, offrendo scorci pittoreschi sulle colline circostanti. Dal Giardino Garzoni di Collodi, noto per la sua atmosfera fiabesca, ai giardini classici della Villa Reale di Marlia, ciascuno racconta una storia diversa, e si rivela come un’opera d’arte viva.

Visitare il patrimonio delle ville e dei giardini lucchesi significa immergersi in un mondo fatto di eleganza, bellezza e fascino storico. Ogni angolo racconta di famiglie nobili, di straordinari paesaggisti, di influenze artistiche e culturali che, nel corso dei secoli, hanno plasmato l’identità di questo territorio. È un viaggio che non solo riporta al passato, ma offre un’esperienza estetica intensa, fuori dal tempo.

La vicinanza al centro storico di Lucca fu uno degli elementi determinanti per la scelta, da parte delle famiglie nobili, di costruire ville e residenze secondarie proprio in queste colline. Un primo censimento ha individuato ben 74 ville storiche e monumentali nel territorio della Circoscrizione, spesso accompagnate da giardini di grande pregio, che contribuiscono in modo significativo al carattere paesaggistico della zona collinare. A partire dal XVI secolo, quest’area – insieme ai rilievi che si affacciano sulla pianura di Lucca – ha conosciuto un vero e proprio proliferare di ville di campagna, che si configuravano come naturale estensione delle residenze cittadine per l’élite lucchese.

Nel ricco patrimonio culturale e ambientale del territorio, queste ville rivestono un ruolo di particolare rilievo per l’alto valore storico, architettonico e artistico che le contraddistingue. Un valore che merita di essere tutelato e valorizzato attraverso un sistema territoriale integrato. Le “Ville Monumentali di Lucca” furono, infatti, le eleganti dimore di campagna della borghesia mercantile della città. Edificate tra il XV e il XIX secolo, se ne contano circa 300, concentrate prevalentemente lungo i rilievi collinari che bordano la cosiddetta “Piana di Lucca”, verso la zona di Pistoia, a ridosso dell’altopiano delle Pizzorne.

Queste opere architettoniche, immerse tra oliveti e vigne, hanno trasformato il paesaggio in nome della bellezza, che per i lucchesi era – ed è – un valore essenziale. Il visitatore si trova immerso in un universo fatto di architettura, paesaggio, agricoltura e tradizione: una dimensione contemplativa e intima, capace di riconnettere al ritmo lento della natura e della storia.

È consigliabile organizzare la visita alle ville lucchesi seguendo itinerari tematici, per scoprire la quiete e la raffinatezza di queste residenze incantevoli. Solo sei di queste ville sono attualmente “visitabili”, e solo alcune consentono l’accesso anche agli interni, come Villa Bernardini a Vicopelago. Qui, affreschi, statue, laghetti e parchi restituiscono al pubblico il meglio dell’arte e della cultura lucchese, in una fusione perfetta tra eleganza e significato.

Ogni dettaglio di queste residenze è frutto di un pensiero, di una visione: i proprietari e gli architetti del tempo hanno disegnato questi spazi con grande cura e gusto, dando forma a uno stile raffinato che ha saputo attraversare i secoli. Alcune ville sono state adattate a linguaggi architettonici successivi, mantenendo comunque una coerenza stilistica di straordinaria qualità. La maggior parte presenta giardini con vasche, grotte, giochi d’acqua, limonaie e specie botaniche di rara bellezza, che completano l’incanto di questi luoghi sospesi nel tempo.
The Gardens of Lucca

VILLA MANSI

NINFEO BAGNO DI DIANA

Esiste una documentazione molto ricca della storia della villa: costruita dalla famiglia Benedetti fu venduta ai Cenami nel 1599. L’antica villa era un edificio a pianta rettangolare molto semplice, con un salone centrale …

VILLA TORRIGIANI A CAMIGLIANO

IL GIARDINO SEGRETO DI FLORA

Un lungo e maestoso viale di cipressi introduce alla villa dalla scenografica facciata barocca. L’edificio, d’impianto cinquecentesco, venne ampliato e ridisegnato nella prima metà del Seicento da Niccolò Santini …

GIARDINO GARZONI A COLLODI

GIARDINI STORICI

La villa, in uno stile tipico delle ville lucchesi, ha una storia pluricentenaria: si inerpica su una collina sotto le case rustiche in pietra del paese, con il quale essa ha mantenuto uno stretto rapporto di interdipendenza …

VILLA OLIVA BUONVISI

LA BELLISSIMA DIANA SEDUTA

Il parco della Villa, interamente recintato, si estende per circa cinque ettari e risulta composto da vari tipi di giardini. In un interessante Terrilogio del XVII secolo troviamo riprodotta e descritta la proprietà. …

Delizie in villa

Il giardino Rinascimentale e i suoi committenti

S’inaugura con questo volume la collana dedicata al progetto di studio e di comparazione tra «delizie» o ville di piacere del Ducato estense nella sua permanenza a Ferrara fino al 1598, e le analoghe esperienze europee. «Delizie in villa» esamina la storia e la complessa ideologia che sottende al concetto di «delizia», analizzando con l’ausilio di massimi studiosi dell’argomento il contesto ferrarese a confronto con quello italiano ed europeo.

A cura di Gianni Venturi e Francesco Ceccarelli

Ferrara paesaggio estense, 1
2008, cm 17 x 24, xii-406 pp. con 18 tavv. f.t. a colori e 102 ill. n.t.
ISBN: 9788822257567

https://www.olschki.it/libro/9788822257567

STORIA DEI GIARDINI

I KEPOS GRECI

Quando i greci videro i parchi orientali ne rimasero colpiti ed affascinati, poiché la loro cultura, sebbene avanzatissima in tutte le arti, non aveva mai prodotto nulla di eguale. Una delle ragioni per le quali si sostiene che l’Antica Grecia non abbia prodotto sfarzosi giardini è riconducibile alla vita democratica delle polis, che avrebbe mal visto lo sviluppo di giardini privati come dichiarazione di ricchezza e benessere. Peraltro la cultura cretese-micenea fu amante dei fiori, difatti dai reperti possiamo dedurre una centralità del motivo floreale decorativo, come già era stato per quella egizia. Per i greci occuparsi del giardino era un’attività prevalentemente femminile o alla quale ci si poteva dedicare durante le pause tra una guerra e l’altra. Le influenze persiane si propagarono all’antica Grecia: attorno al 350 a.C. c’erano giardini presso l’Accademia di Atene e Teofrasto, considerato il padre della botanica, si suppone avesse ereditato il giardino di Aristotele.

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EXTRAORDINARY ITINERARIES OF TUSCANY Le prime ville medicee furono quelle del Trebbio e di Cafaggiolo, caratterizzate da un aspetto severo e fortificato tipico del Trecento, nate soprattutto per il controllo delle terre agricole del Mugello, terra d’origine della famiglia Medici. Nel Quattrocento, Cosimo il Vecchio incaricò Michelozzo di costruire le ville di Careggi e Fiesole: edifici ancora austeri nella forma, ma che iniziarono a introdurre elementi legati all’otium, come cortili, logge e giardini. Lorenzo de’ Medici soggiornò spesso a lungo a Careggi, dove si riunivano l’Accademia Neoplatonica e il cenacolo di Marsilio Ficino; ed è proprio lì che Lorenzo morì nel 1492. Con il tempo, i Medici “circondarono” Firenze con le loro ville, mentre nel periodo granducale, in parallelo all’espansione dei loro interessi in tutta la Toscana, nacque una vera e propria costellazione di queste architetture anche in zone lontane dalla capitale del Granducato.

Il sistema delle ville medicee rappresenta un autentico microcosmo attorno al quale si svolgeva la vita rituale della corte medicea. Spesso costruite al posto di antichi castelli, le ville incarnano l’apice dell’architettura rinascimentale e barocca in Toscana, offrendo un campo privilegiato per confronti sull’evoluzione stilistica. Si distinguono nettamente dalle più semplici dimore rurali toscane. Le ville potevano essere ereditate, acquistate, confiscate o appositamente commissionate dai Medici. Già alla fine del Cinquecento, il sistema territoriale delle ville – di grande importanza economica e strategica – contava almeno 17 residenze principali, tracciando un preciso profilo storico e artistico. A queste si aggiungono ville secondarie, per lo più legate ad attività agricole o utilizzate per brevi periodi, portando il numero complessivo a circa trenta vere ville. Molto più numerose erano le fattorie medicee e gli innumerevoli casino di caccia sparsi per la Toscana.

L’epoca delle ville medicee si concluse con l’acquisizione di Montevettolini e Artimino da parte di Ferdinando I, e con l’ampliamento delle ville dell’Ambrogiana, della Petraia e di Castello. Le ville sono immortalate in una celebre serie di lunette dipinte intorno al 1599 da Giusto Utens presso la villa La Petraia, che costituiscono una preziosa documentazione dell’aspetto originario di queste residenze, soprattutto di quelle oggi trasformate o scomparse, come la Villa di Pratolino. Ogni membro della famiglia Medici possedeva una propria residenza di rappresentanza e di svago, mentre il Granduca si spostava tra le varie ville: per la caccia prediligeva Pratolino, il Trebbio e Cafaggiolo; in primavera soggiornava all’Ambrogiana, mentre Artimino, posta in altura, offriva sollievo durante la calura di luglio.

I giardini, per cui queste ville sono famose, trovano il loro primo esempio compiuto nella villa di Castello, dove Cosimo I affidò a Niccolò Tribolo la creazione di quello che è considerato il prototipo del giardino all’italiana, poi ripreso nei Giardini di Boboli. Oggi le ville medicee hanno destinazioni diverse: alcune sono veri e propri musei (come La Petraia, Poggio a Caiano, Cerreto Guidi), altre ospitano istituzioni (come a Castello, dove il giardino è un museo e la villa è sede dell’Accademia della Crusca), mentre altre ancora sono state vendute o affidate a privati, che le conservano per uso personale o le utilizzano per eventi.

Solo 14 di queste ville sono state iscritte nella lista del Patrimonio Mondiale UNESCO.
VILLE E GIARDINI MEDICEI

VILLA MEDICI

FIESOLE

Villa Medici a Fiesole è una delle più antiche ville appartenute ai Medici, la quarta, dopo le due ville nel Mugello (Cafaggiolo e Il Trebbio) e la villa di Careggi. Chiamata anche Belcanto o il Palagio di Fiesole, è tra le ville medicee meglio conservate ma al tempo stesso è anche tra le meno note. 

GIARDINO MEDICEO

DI PRATOLINO

Villa Demidoff è la denominazione moderna di quello che resta della Villa Medicea di Pratolino e si trova nella località di Pratolino, a Vaglia, in Provincia di Firenze, in via Fiorentina 276. La villa medicea vera e propria fu demolita nel 1822, ma in seguito venne acquistata dalla famiglia Demidoff.

VILLA MEDICI LA PETRAIA

FIRENZE

La Villa Medicea La Petraia è ritenuta una delle più belle e celebrate ville medicee, collocata in una posizione panoramica che domina la città di Firenze. Dal dicembre 2014 il Ministero per i beni e le attività culturali la gestisce tramite il Polo museale della Toscana, nel dicembre 2019.

GIARDINO DI BOBOLI

FIRENZE

Il Giardino di Boboli è un parco storico della città di Firenze. Nato come giardino granducale di Palazzo Pitti, è connesso anche al Forte di Belvedere, avamposto militare per la sicurezza del sovrano e la sua famiglia. Il giardino, che accoglie ogni anno oltre 800.000 visitatori.

VILLA MEDICEA

DI CASTELLO

La villa medicea di Castello si trova nella zona collinare di Castello a Firenze, molto vicina all’altra celebre villa medicea de La Petraia, ed è famosa soprattutto per i magnifici giardini, secondi solo a quelli di Boboli. Oggi la villa, chiamata anche Villa Reale, L’Olmo o Il Vivaio.

VILLA LA MAGIA

QUARRATA

Villa La Magia è stata un’importante villa medicea. Il nome deriva probabilmente da maia, femminile di maius, “maggiore”, da intendersi come appellativo per la villa principale della zona. Il nucleo originario della villa fu costruito nel Trecento dalla famiglia pistoiese dei Panciatichi.

CAPPELLA VILLA MEDICEA

POGGIO IMPERIALE

Nel 1820, dunque in pieno clima Restaurazione con Ferdinando III di Toscana, l’architetto Giuseppe Cacialli conclude i lavori per la cappella che pochi anni prima aveva commissionato Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone. Sulla facciata esterna, entro un loggiato che ospita due nicchie.

CASTELLO MEDICEO

DI CAFAGGIOLO

La Villa Medicea di Cafaggiolo, situata nel cuore del Mugello, a nord di Firenze, rappresenta una delle testimonianze più affascinanti dell’influenza e del potere della famiglia Medici durante il Rinascimento. La storia della villa è ricca di eventi significativi e di trasformazioni che riflettono l’evoluzione culturale e politica dell’Italia tra il XIV e il XVI secolo.

Attraverso gli studi della botanica A. Ciarallo, sui giardini dell’antica Pompei, sappiamo che il giardino romano, in origine, è prevalentemente uno spazio utilitario, denominato hortus, generalmente racchiuso e adiacente alla casa, dove le piante sono coltivate per il solo uso di cucina e, per estrarne olii e profumi per la cura del corpo. Anche lo studio della Jashemski, archeologa americana, sui giardini pompeiani è stato specifico per ogni giardino, al fine di comprendere il loro ruolo nella città e la determinazione della proprietà a cui era annesso. Tale studio ha richiesto l’esame di ogni edificio, di ogni pezzo di terreno aperto, in altre parole, dell’uso del suolo della città di Pompei.

I GRANDI PAESAGGISTI DEL 900

Cecil Ross Pinsent (1884-1963) was an influential English architect and landscape designer renowned for his contributions to the creation of stunning gardens in Italy during the early to mid-20th century. Born in Montevideo, Pinsent developed a deep affinity for Italian culture and aesthetics, which greatly influenced his approach to landscaping. His work is characterized by a harmonious blend of traditional Italian design principles and a keen sensitivity to the natural environment. Collaborating with renowned architect Edwin Lutyens, Pinsent left an indelible mark on the gardens of Tuscany, particularly in areas like Florence and Siena. His landscapes are celebrated for their timeless beauty, characterized by formal elements, symmetry, and meticulous attention to detail, making Cecil Ross Pinsent a key figure in the history of Italian garden design.

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