Scarse e incerte sono le notizie prima del dicembre 1226, mese in cui la Repubblica di Siena comincia le registrazioni presso gli uffici della Biccherna (uffici delle uscite) dei costi e dei contratti relativi alla costruzione e decorazione della cattedrale. Il nuovo edificio sembra comunque iniziato a metà del XII secolo su un edificio preesistente, forse del IX secolo, a sua volta edificato su un ipotetico tempio di Minerva. Nell’alto medioevo qui si trovava infatti la costruzione che sarebbe stata, fino al 913, la residenza del vescovo e avrebbe contenuto una chiesa rivolta verso est, cioè verso l’attuale battistero. Solo nel XIII secolo il Duomo sarebbe stato trasformato in basilica, con la facciata rivolta ad ovest, cioè verso l’ospedale di Santa Maria della Scala, ma i lavori vennero terminati solo alla fine del secolo successivo. Secondo la tradizione, la consacrazione della nuova cattedrale avvenne il 18 novembre 1179, alla presenza del Papa, il senese Alessandro III: a ricordo di tale evento ancora oggi il 18 novembre di ogni anno si espone lo stendardo papale nel presbiterio. I lavori comunque erano tutt’altro che compiuti e dal 1196 venne preposta una speciale deputazione di cittadini, l’Opera di Santa Maria, che dal 1238 al 1285 fu amministrata dai monaci di San Galgano.
Nel 1227 la biccherna della Repubblica registra una serie di pagamenti per marmi bianchi e neri. Nel 1259 vengono registrati pagamenti per gli arredi del coro, mentre nel 1263 vengono acquistati del piombo per la copertura della cupola e pagato il Rosso padellaio per la mela di rame che fu collocata in cima alla cupola.[4] La sua altezza è di 48 metri, inclusa la croce (l’attuale sistemazione dell’apice della cupola stessa è del 1667). Questi dati mostrano che entro il 1263 il coro, l’esagono centrale e la cupola della basilica attuale erano già stati edificati. Copie moderne di documenti, di fonti imprecisate, indicano date tra il 1280 e il 1284 per il completamento del corpo longitudinale (navate). Una cronaca trecentesca anonima indica il 1284 come l’anno della posa della prima pietra della facciata, mentre altri documenti del governo testimoniano che dal 1284 al 1297 circa Giovanni Pisano era al lavoro in qualità di capomastro per la costruzione della parte inferiore della facciata, poi completata da Camaino di Crescentino, padre dello scultore Tino di Camaino, tra il 1299 e il 1317 circa.
Nel 1313 venne terminato il campanile, alto circa 77 metri. Tre cronache trecentesche, di cui una esiste solo in copia, testimoniano che nel maggio del 1317 la facciata fu terminata e che iniziarono lavori di ampliamento nella parte orientale, con l’aggiunta di due campate nel coro (reso possibile dalla creazione di un battistero sottostante il cui tetto fece da supporto al nuovo coro), di una terza navata nel transetto e di una campata per ciascuno dei due bracci del transetto. Fu anche innalzata la navata centrale per adeguarla alla facciata appena terminata. Nell’edificio attuale l’esagono sotto la cupola non è più il centro di simmetria della chiesa, come era invece prima di tale ampliamento.
Tali lavori di ampliamento subirono una brusca interruzione nel 1339, allorché dovette sembrare, con Siena al massimo del suo splendore, che il duomo fosse troppo piccolo per la città: la popolazione e la ricchezza erano aumentate, espandendosi la vita comunale e maturando anche il desiderio di emulare Firenze e la sua nuova, gigantesca cattedrale. Si pensò quindi di ampliarlo in modo tale che l’attuale corpo longitudinale diventasse solo il transetto e la facciata orientata a sud, in posizione molto più avanzata rispetto all’antico edificio. Il progetto fu affidato a Lando di Pietro (o “di Piero”) dopo la delibera del Consiglio Generale della Campana del 23 agosto 1339. I lavori passarono già nel 1340 sotto la supervisione dello scultore ed architetto Giovanni di Agostino. A causa della peste del 1348 e di alcuni crolli strutturali, nel giugno del 1357 si decise di interrompere i lavori, lasciando nell’attuale piazza Iacopo della Quercia i segni del fallimento: basamenti per le colonne e incastonamenti di queste nell’edificio dell’attuale Museo dell’Opera Metropolitana del Duomo, oltre alla facciata incompiuta (il cosiddetto “facciatone”).
Fallito il progetto del Duomo Nuovo, i senesi si rassegnarono a terminare la vecchia costruzione e, qualche anno dopo il 1357, i lavori ripresero sotto la direzione di Domenico di Agostino, fratello di Giovanni. Entro il 1370 i lavori erano terminati. Salito al soglio pontificio il vescovo senese Enea Silvio Piccolomini (1405-1464) col nome di Pio II, nel 1459 elevò la diocesi di Siena a sede arcivescovile. Il vescovo da allora assunse il titolo di Arcivescovo Metropolita, motivo per cui la cattedrale viene denominata anche la “Metropolitana”. Nel 1870 un incendio distrusse la cupola esterna in legno e parte della copertura lignea della navata che vennero ripristinate.
In cima alla collina che sovrasta il borgo di Torri a Sovicille, si trova l’insediamento preistorico neolitico di Sienavecchia. Il nome di Sienavecchia pare risalga effettivamente all’antica compagine multicentrica delle Saenae etrusca. Secondo la leggenda, Romolo mandò i suoi capitani Camellio e Montorio a vincere Ascanio (o Aschio) e Senio, supposti figli di Remo e fondatori di un abitato delle Saenae; Camellio, da parte sua, fondò il nucleo di Camollia e Montorio fondò Castelmontorio. Invece, il vicino villaggio di Brenna (Sovicille), secondo la tradizione, deve il nome al noto Brenno capo dei Galli Senoni, che raggiunsero la regione dopo essere stati cacciati da Roma all’inizio del IV secolo a.C.. I documenti storici ci descrivono invece della Siena fondata come colonia romana, al tempo dell’Imperatore Augusto, nota come Saena Iulia. All’interno del centro storico senese sono stati ritrovati dei siti di epoca etrusca, che possono far pensare alla fondazione della città da parte degli etruschi. Secondo autorevoli studi infatti il nome Siena può derivare dal gentilizio etrusco Saina/Seina, attestato epigraficamente a Montalcino, Chiusi e Perugia. Il primo documento noto della comunità senese risale al 70: il senatore Manlio Patruito riferì a Roma di essere stato malmenato e ridicolizzato con un finto funerale durante la sua visita ufficiale a Saena Iulia, piccola colonia militare della Tuscia. Il Senato romano decise di punire i principali colpevoli e di richiamare severamente i senesi a un maggiore rispetto verso l’autorità romana.