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GIARDINI GIAPPONESI | OKAYAMA KŌRAKU-EN GARDEN © ALESSIO GUARINO cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper

KŌRAKU-EN GARDEN

GIARDINI GIAPPONESI | OKAYAMA

Il Kōraku-en è un giardino giapponese situato a Okayama, nell’omonima prefettura, considerato uno dei tre grandi giardini del Giappone insieme al Kenroku-en di Kanazawa e al Kairaku-en di Mito. È noto soprattutto per i suoi vasti prati, del tutto inusuali in un giardino giapponese, per sfruttare al meglio le tecniche paesaggistiche giapponesi dette kaiyū e shakkei, e per la presenza delle gru della Manciuria portatrici di fortuna.

Il giardino è stato realizzato su richiesta del daimyō (feudatario) Ikeda Tsunamasa a partire dal 1687 e si considera ufficialmente concluso nel 1700, data di completamento del perimetro esterno e dei primi edifici, ma in realtà è stato continuamente modificato nel corso dei secoli successivi fino al periodo Taishō. Durante il XX secolo il Kōraku-en ha subito gravi danni; la successiva ristrutturazione del giardino si è protratta fino al 1967, quando tutti gli edifici del giardino sono stati restaurati o ricostruiti.

Il giardino è iscritto fin dal 1922 nell’elenco dei Siti paesaggistici del Giappone, e nel 1952 ha acquisito lo status di sito “speciale” che tutela i più importanti luoghi di eccezionale valore storico e artistico del paese.
Il Kōraku-en è collocato su un’ansa del fiume Asahi in maniera speculare al castello di Okayama, che si trova di fronte sull’altro lato del fiume. L’area su cui sorge era originariamente connessa con quella circostante, ma nel 1940 un emissario artificiale del fiume scavato lungo il perimetro nord-est del giardino lo ha separato dalla terraferma trasformandolo in un’isola artificiale.

L’area del giardino è a forma di tomoe ( a forma di virgola ) ed è caratterizzata da un vasto spazio centrale pressoché ininterrotto e circondato interamente da una cintura vegetale. L’organizzazione interna dello spazio risente delle numerose modifiche apportate nei secoli, che hanno cambiato radicalmente la fruizione del giardino: gli edifici, inusualmente numerosi per un giardino giapponese, sono collocati principalmente nelle aree perimetrali perché erano inizialmente usati come punti di osservazione sul paesaggio interno secondo lo stile zakan (“sedersi e guardare”), mentre boschi e specchi d’acqua sono stati successivamente distribuiti in maniera complessa per creare paesaggi variegati attraversati da sentieri secondo lo stile kaiyū ( “andare in giro in tondo”).

Come tipico di tutti i giardini giapponesi, anche il Kōraku-en è composto interamente da quattro elementi standard: rocce, acqua, piante (fatte crescere secondo forme artificiali) e oggetti del paesaggio. Il grande stagno centrale Sawa-no-ike, ad esempio, è composto da acqua (lo stagno), rocce (le isole e le composizioni di rocce sopra di loro), crescita delle piante (pini e altri alberi dalla forma modificata dall’uomo) e oggetti del paesaggio (ponti ed edifici) allo scopo di produrre un preciso paesaggio.
Il Kōraku-en sorge a fianco al castello di Okayama, di cui è storicamente parte integrante; per la sua posizione “sul retro” del mastio del castello, il primo nome provvisorio del giardino era proprio Go-kōen (“giardino sul retro”).

Il castello sorge sul colle Okayama, che sovrasta un’ansa a forma di S del fiume Asahi e dà il nome alla città e all’intera zona. Fu spostato in quel punto nel 1597 (Keichō 2) da Ukita Hideie, militare, samurai e membro del Consiglio dei cinque reggenti organizzato dal daimyō Toyotomi Hideyoshi allo scopo di proseguire la sua politica dopo la sua morte. L’ansa molto serpentina dell’Asahi rappresentò per secoli al tempo stesso una risorsa e un problema: la sua forma consentì di sfruttarlo come fossato naturale del castello sui lati nord ed est, integrato sui lati sud e ovest da canali artificiali, ma causava anche esondazioni su entrambi i lati nei periodi di forti piogge. Per questo motivo il castello e la sua cittadella furono posti sopra un basamento di pietra particolarmente alto, in modo da non soffrire delle piene del fiume.

Durante il XVII secolo il governo del feudo di Okayama (comprendente le provincie di Bicchū e Bizen) passò dagli Ukita ai Kobayakawa e poi agli Ikeda (originari di Mino), il cui terzo capofamiglia Ikeda Mitsumasa fu proclamato primo daimyō di Okayama.

La costruzione del Kōraku-en iniziatò nel 1687 su iniziativa di Ikeda Tsunamasa, figlio di Mitsumasa, quarto capofamiglia Ikeda e secondo daimyō a governare Okayama. Lo scopo del giardino era di avere uno spazio di relax per sé stesso e per i suoi ospiti. Tsunamasa diede incarico della realizzazione al suo vassallo Tsuda Nagatada, che era stato elevato al rango di samurai presso la sua corte dal padre Ikeda Mitsumasa. Al tempo di Tsunamasa il titolo di “samurai”, benché di valore militare, aveva già perso ogni connotato bellico dato che la dittatura militare dello shogunato Tokugawa manteneva una condizione di pace imposta nel Paese; i samurai svolgevano quindi attività intellettuali, burocratiche o amministrative per la loro provincia di residenza[11]. Nagatada era fra questi samurai non combattenti e ha lasciato a Okayama numerose testimonianze architettoniche e ingegneristiche.

La sistemazione a terra del giardino richiese 13 anni fino al 1700, data considerata tradizionalmente come quella di “completamento” del giardino. Entro il 1707 vennero edificati i primi edifici in legno, fra cui vari padiglioni chiamati chaya ed edifici religiosi sincretici chiamati chinju.

Il grande ezu (mappa dipinta) del 1716 noto come O-chaya on-ezu mostra il progetto originale del giardino. Su una grande area a forma di virgola sono collocati tre grandi stagni, il principale dei quali è al centro e ha forma tondeggiante; quasi metà del terreno è occupato da campi e risaie a sud e a est; a ovest invece si trovano numerosi edifici, fra cui il padiglione principale En’yō-tei che affaccia su un grande prato; lungo i bordi del giardino sono collocati, distanziati fra loro, vari piccoli edifici e tre grandi boschi, uno principalmente di ciliegi di montagna, uno principalmente di pini e uno principalmente di aceri. Il risultato è un’area completamente aperta e pianeggiante in cui tutti gli edifici e le piante ad alto fusto sono collocate nelle aree perimetrali.

La sistemazione mostrata dall’ezu del 1716 chiarisce che in principio il giardino era usato come un grande orto alimentare per il feudatario, il quale ammirava il panorama campestre seduto in uno dei vari edifici perimetrali, strategicamente collocati per fornire specifici punti di vista in uno stile paesaggistico noto come zakan shiki ( “sedere e guardare”).

Testo di Pietro Porcinai e Attilio Mordini

Giardini d'occidente e d'oriente

Secondo il mito la storia del Giappone ebbe inizio quando il ponte che univa il Cielo alla Terra fu distrutto e Gimmu Tennò divenne il primo degli imperatori terreni, dopo che per tanto tempo le divinità stesse del Cielo avevano governato, non senza guerra, il paese. Dovette da allora rimanere agli uomini un’insopprimibile nostalgia di quell’aereo ponte che era via al cielo, di quel cielo diventato isola inaccessibile. Forse l’anima del Giappone si chiuse in se stessa come il Giappone entro il suo mare, per essere poi capace di ritrovare nella vita della natura la presenza del paradiso. E da quella mitica nostalgia nacquero i giardini. Quando nel VI secolo d.C. il Buddhismo Zen, importato dalla Cina, si diffonde, non senza ostacoli, nel clima fortemente poetico dello Shintoismo, abbiamo già in atto gli elementi religiosi e psicologici essenziali alla fioritura dei giardini.

La religione shintoista, considerata la religione originaria e nazionale del Giappone, insegna a guardare alla natura come veicolo o espressione della divinità o, meglio, delle diverse divinità, siano esse quelle dei monti, delle sorgenti o quelle del vento o del fuoco. Lo Zen era, più che una teoria, un metodo di vita, era meditazione ed esercizio insieme, era il vivere la vita del Tutto entro e al di sopra della propria personalità che in Giappone si traduce e si realizza in termini quasi guerreschi di lotta, di eroico controllo, di rinuncia.