AZIENDA GINO GIROLOMONI | ISOLA DEL PIANO MONASTERO DI MONTEBELLO © ALESSIO GUARINO

Gli incontri a Montebello sono stati segnati dalle presenze, tra gli altri, di Sergio Quinzio, Ivan Illich, Massimo Cacciari, Guido Ceronetti, Paolo Volponi. Nel 2004 una tappa importante e delicata dell’attività imprenditoriale di Girolomoni è costituita dalla vendita del marchio “Alce Nero” a Conapi e Coop Fond. Nel 1996 Girolomoni fonda “Mediterraneo”, rivista di agricoltura biologica, biodinamica, ambiente, biodiversità, energia alternativa ma anche di filosofia, teologia, poesia e cultura. Alla rivista collaborano tra gli altri Guido Ceronetti, Gianni Tamino, Emmanuel Anati, Giorgio Fornoni e Piero Stefani. Conoscitore della Bibbia e profondo credente, amico di Sergio Quinzio, Gino Girolomoni ha speso la sua vita a favore dell’agricoltura biologica e contro qualsiasi forma di brevettabilità delle forme viventi considerata come una delle forme di delirio di onnipotenza che caratterizza l’uomo.

Il monastero di Montebello di Isola del Piano in provincia di Pesaro Urbino è legato al nome di Gino Girolomoni. Nato in una famiglia contadina, nel 1970, a 24 anni, diventa sindaco del suo paese d’origine, Isola del Piano, carica che manterrà per dieci anni. Quattro anni più tardi diventa agricoltore biologico e nel 1977, insieme alla moglie Tullia, fonda la “Cooperativa Alce Nero”. Nel frattempo prende sempre più corpo l’idea di recuperare l’antico monastero di Montebello – presso Isola del Piano – e di farlo diventare centro culturale e luogo di incontri tra intellettuali, persone impegnate nel campo sociale, politico ed economico oltre ad agricoltori e contadini.

Nel 2003 e 2004 ha tenuto una rubrica fissa sul quotidiano “Avvenire” denominata “Hortus”, in cui ha scritto riflessioni sull’ecologia. È scomparso nel 2012 all’età di 65 anni, colpito da infarto mentre si trovava nei locali della cooperativa “Alce Nero”. Ora la cooperativa ha cambiato il proprio nome in “Gino Girolomoni Cooperativa Agricola” intitolando al fondatore sia la propria denominazione che il marchio dei propri prodotti. monastero di montebello | isola del piano

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Il viaggio degli agrumi in Italia

Paola Fanucci & Alberto Tintori Percorsi e curiosità di cultivar regionali Con una parte sulla cura degli agrumi in vaso

Vi siete mai chiesti perché il profumo dei fiori d’arancio e il sapore delle scorze di limone vi facciano venire in mente un ricordo o il volto di una persona? Nella vita di ognuno gli agrumihanno impresso una traccia silenziosa ma indelebile: un gusto, un’esperienza tattile, una percezione affettiva. Potrete non accorgervene, ma in questi istanti si racchiude la memoria di una vita intera, poiché dietro un frutto si celano non solo pratiche e saperi tramandati da generazioni, ma anche il nostro passato. Questo è un viaggio fra gli agrumeti d’Italia, le loro storie e curiosità locali: una mappa per capire quanto la presenza degli agrumi sia multiforme e radicata nella nostra cultura, dalle grandi piantagioni ai vasi sulle nostre terrazze.

 

Giardini e paesaggio, 60
2025, cm 19 x 24, viii-332 pp. con 338 figg. n.t. Rilegato.
ISBN: 9788822269850

€ 29,00  € 27,55Novità   LINK

IL GIARDINO CHE CRESCE DA SÉ: BIODIVERSITÀ ED ESTETICA DEL DISORDINE

QUANDO IL DISORDINE DIVENTA BELLEZZA

Dal punto di vista botanico, la distinzione tra giardini ordinati e giardini “disordinati” è fondamentale. Un prato costantemente tagliato, con un’unica specie erbacea mantenuta a pochi centimetri d’altezza, offre poco spazio alla diversità: mancano i fiori, quindi mancano gli insetti impollinatori, e di conseguenza si riduce anche la presenza di uccelli e piccoli mammiferi. È un sistema monotono, ecologicamente povero.
Nei giardini lasciati crescere in modo più libero, al contrario, si sviluppa una trama vegetale varia: graminacee spontanee, composite dai fiori gialli e azzurri, leguminose che arricchiscono il suolo. Questo mosaico crea microhabitat in cui si insediano farfalle, api selvatiche, coleotteri, lucertole. Si genera così una rete trofica complessa, capace di sostenere una biodiversità sorprendente anche in ambito urbano.
Gli esempi di questo fenomeno non mancano su scala mondiale. In Amazzonia, dove la diversità vegetale è al massimo grado, le specie convivono in stretta prossimità e danno origine a ibridazioni spontanee, contribuendo a un flusso genetico che arricchisce continuamente la foresta. Certo, un giardino urbano non potrà mai replicare la potenza ecologica del bacino amazzonico, ma può rifletterne i principi: varietà, compresenza di specie, spazio lasciato all’evoluzione naturale.

Peter Crane | Ginkgo

L’albero dimenticato dal tempo Traduzione di Gianni Bedini, revisione di Fabio Garbari

Questo libro racconta la storia più lunga mai dedicata a un albero. L’ha scritta Peter R. Crane, uno dei massimi paleontologi vegetali del mondo. La profonda conoscenza scientifica, l’appassionata attenzione alle vicende evolutive testimoniate dai reperti fossili e dalla singolare biologia riproduttiva di Ginkgo biloba, hanno ispirato la realizzazione di quest’opera che si legge come un romanzo, dedicato alla biografia di una specie la cui conservazione è oggi affidata all’uomo.

Giardini e paesaggio, vol. 54
2020, cm 17 × 24, x-256 pp. con 24 tavv. f.t. a colori e 8 figg. n.t.
[isbn 978 88 222 6681 1] € 25,00

http://www.olschki.it/libro/9788822266811

The Certosa Monastery: A Spiritual and Architectural Masterpiece

CERTOSA DI FIRENZE

La Certosa di Firenze, conosciuta anche come Certosa del Galluzzo, è un importante complesso monastico situato sulle colline a sud della città, in una posizione panoramica che domina la valle dell’Arno. Fu fondata nel 1341 da Niccolò Acciaioli, potente uomo politico e mecenate fiorentino, con l’intento di creare un luogo di raccoglimento e preghiera per i monaci certosini, seguaci della regola di San Bruno, caratterizzata da silenzio, isolamento e meditazione.

L’architettura della Certosa riflette la sobrietà e la spiritualità della vita certosina, con ampi spazi dedicati alla preghiera individuale, come le celle dei monaci, e zone comuni come il chiostro grande, il refettorio e la chiesa. Nei secoli, il complesso si arricchì di opere d’arte di grande pregio, tra cui affreschi, pale d’altare e arredi liturgici, opera di artisti come Pontormo e Bernardino Poccetti.

La storia della Certosa è stata segnata da numerosi cambiamenti. Durante il periodo napoleonico, come molte istituzioni religiose, subì la soppressione e la dispersione di parte del patrimonio. Dopo la Restaurazione e soprattutto con l’Unità d’Italia, fu affidata a diverse congregazioni religiose. A partire dagli anni Cinquanta del Novecento, fu abitata da una comunità di monaci cistercensi, che ha mantenuto viva la tradizione spirituale del luogo.

Oggi la Certosa di Firenze è non solo un centro religioso, ma anche un importante sito culturale e turistico. Il complesso è visitabile e offre ai visitatori l’opportunità di immergersi in un ambiente di grande bellezza, silenzio e contemplazione, testimone della profonda spiritualità che ha attraversato i secoli.

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