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ITINERARI STORICI | FIRENZE PALAZZO GONDI © ALESSIO GUARINO

ITINERARI STORICI | FIRENZE

PALAZZO GONDI

Il palazzo appare nell’elenco redatto nel 1901 dalla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti, quale edificio monumentale da considerare patrimonio artistico nazionale, ed è citato nel vincolo UNESCO del centro storico. Su questa porzione della città si estendeva nell’antichità una porzione del teatro romano, di cui restano tracce dei setti murari delle antiche burelle e dell’inclinazione del calpestio tra piazza della Signoria e piazza San Firenze. Il primo Gondi a risiedere in questa zona fu Giuliano il Vecchio, marito di Maddalena Strozzi, che qui acquistò una casa nel 1455, successivamente ingrandita con varie case dei Giugni, degli Asini (nel 1489, per 1200 fiorini), del Tribunale della Mercanzia (una torre, nel 1480, dove aveva vissuto Leonardo da Vinci) e dello stesso Comune, poi demolite per far posto a un nuovo palazzo. Grazie anche al beneplacito di Lorenzo il Magnifico, col quale barattò alcuni beni immobili, all’inizio del 1489 iniziò i lavori per costruire il palazzo familiare.

Questo nuovo, grande edificio fu progettato da Giuliano da Sangallo nel 1490 per Giuliano di Lionardo Gondi, prendendo come esempio altri importanti palazzi signorili in città, come palazzo Medici e palazzo Strozzi, ma con una rinnovata rilettura stilistica. Tra gli elementi mutuati da queste opere precedenti c’è la forma cubica impostata attorno a un cortile centrale, il bugnato digradante verso l’alto su ciascuno dei tre piani, le finestre centinate sulle cornici marcapiano, il cornicione. Giuliano da Sangallo disegnò inoltre la Cappella Gondi in Santa Maria Novella.

Il palazzo ebbe comunque un iter costruttivo molto lento e rimase incompleto per diversi secoli. Nel 1495 ospitò Guidobaldo da Montefeltro, in visita alla città. Dal testamento dello stesso Giuliano redatto nel 1501 si può dedurre come in tale data il nuovo palazzo fosse già abitato, benché non ancora terminato e, nonostante il documento obbligasse gli eredi a portarlo “a perfezione” (non è chiaro se estendendosi sul lato sinistro o su quello destro), i desideri del testatore non furono pienamente soddisfatti.

Tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, su incarico di Vincenzio e Angelo di Amerigo Gondi, vi lavorarono Antonio Maria Ferri per l’architettura e Matteo Bonechi per la decorazione pittorica. Furono costruite delle nuove scuderie e ristrutturati al primo piano alcuni ambienti di abitazione. Fino al 1870 il palazzo si presentava su tre piani distribuiti per sei assi, con due portoni, a guardare la piazza, ma sull’attuale via dei Gondi il palazzo era affiancato dall’antico edificio della famiglia degli Asini, che venne demolito verso il 1870 per allargare la strada che fiancheggiava Palazzo Vecchio, nell’ambito dei “risanamenti” durante e dopo il periodo di Firenze Capitale. La sistemazione del lato sud del palazzo venne curata, tra il 1870 e il 1874, da Giuseppe Poggi, l’architetto del piazzale Michelangelo e dei viali di Circonvallazione, che bilanciò la facciata dandole la simmetria con un nuovo asse di finestre e una terza porta su piazza San Firenze, e cercò di mascherare con alcuni accorgimenti il fatto che la nuova forma del palazzo non fosse ormai più ad angolo retto, ma caratterizzata da uno spigolo acuto sul lato nuovo sinistro della facciata.

Leonardo da Vinci abitava in una delle case distrutte per ampliare il palazzo, affittata da suo padre ser Piero per 30 fiorini l’anno proprio dai Gondi, ai quali aveva affidato anche l’esecuzione delle sue disposizioni testamentarie, per la parte fiorentina, prima di partire per la Francia; da una finestra di questa abitazione disegnà il cadavere di Bernardo Bandini, appeso a palazzo Vecchio dopo la congiura dei Pazzi e si dice che proprio qui avesse dipinto La Gioconda (tradizione però basata solo su calcoli ipotetici, e non suffragata da reali documenti), e in ricordo di questo prestigioso primato fu posta nell’androne su via de’ Gondi un’iscrizione dettata da Cesare Guasti:

LEONARDO DA VINCI
VISSE LA BENAUGURATA GIOVINEZZA
IN UNA CASA DELL’ARTE DEI MERCATANTI
CHE DA GIULIANO GONDI FU COMPRATA E DISFATTA
NEL MURARE QUESTO PALAGIO
AL QUALE DANDOSI PERFEZIONE NEL MDCCCLXXIII
IL COMUNE E IL SIGNORE CONCORDI
VOLLERO CHE LA MEMORIA DI TANTO NOME
AL NOBILE E VAGO EDIFICIO
ACCRESCESSERO DECORO

Nel 1874 il palazzo poteva dirsi finalmente terminato, con l’apposizione dello stemma dei Gondi su quello che era diventata la cantonata laterale (d’oro, a due mazze decussate di nero, legate di rosso, sostituito nel 1972 da una copia realizzata dallo scultore Mario Moschi). Per rendere omogenei i fronti fu eseguita un’attenta scelta dei pietrami impiegati, tuttavia facilmente distinguibili guardando al prospetto principale.

Palazzo Gondi nel ventesimo secolo si identifica con la vita di Amerigo Gondi, conosciuto universalmente come Bibi, era nato nel 1909, figlio di Guido e di Isabella Ginori, nipote di Eugenio. Nell’aprile del 1954 Amerigo incaricò l’architetto Emilio Dori della progettazione e la direzione dei lavori dell’ultimo piano del palazzo, mettendo in opera un recupero molto equilibrato, che lasciò intatta l’antica altana rinascimentale che si affaccia sulla facciata del complesso di San Firenze e vari terrazzi a più livelli, tra cui un piccolo giardino pensile disegnato dall’architetto paesaggista Pietro Porcinai (1957) presso la terrazza nord, orientata a guardare la cattedrale. Tra il 1960 e il 1972 proseguirono vari lavori di manutenzione e abbellimento, sempre sotto la direzione dell’architetto Dori, come la sostituzione dello stemma della cantonata con una copia realizzata dallo scultore Mario Moschi nel 1972 (per ragioni conservative e di sicurezza pubblica). Anche palazzo Gondi subì i danni dell’Alluvione del 1966, tale calamità è ricordata con una piccola lapide posta nell’ingresso ad un’altezza del piano di calpestio di circa 3 metri. Nel 2005 Bernardo Gondi ereditò il palazzo e con sua moglie Vittoria intraprese dei lunghi restauri conservativi della durata di sei anni seguiti dall’architetto Paolo Fiumi.

Oggi appartiene ancora ai discendenti della famiglia, ed è in parte visitabile su appuntamento. Al pian terreno si trovano un bar e altri esercizi commerciali. Nel 2008 un cantiere ha restaurato la facciata ottocentesca, le coperture e il cortile.