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Gonte di Oggebbio | Lago Maggiore VILLA ANELLI © ALESSIO GUARINO cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper

GIARDINI STORICI | ITINERARI BOTANICI

VILLA ANELLI | OGGEBBIO

Possiamo far partire dal 1872 l’avventura di un giovane notaio milanese, Carlo Berzio, che, invaghitosi delle bellezze naturali del Lago Maggiore, decise di dedicare gran parte della sua vita alla costruzione di un giardino a Oggebbio e al suo interno di una villa, che ben si armonizza e collega agli spazi verdi circostanti.

Il giardino ideato da Carlo Berzio in stile romantico inglese sfrutta i diversi piani e la pendenza del terreno e risponde genialmente alla loro sfida. I percorsi nei vialetti, che scendono e risalgono a zig zag, fra un gioco di luci e ombre, creato dagli altissimi alberi, ora secolari, costituiscono una continua sorpresa, a ogni svolta, per le diverse vedute che si vengono a prospettare.

Il notaio ideò un impervio reticolo di sentieri tortuosi, delimitati da bordure a scogliera; costruì, con grande gioia inventiva, archi in cotto e pietra viva, fontane a rocaille, dai disegni svariati, in cui vengono collocate sculture in pietra o in cotto, inseriti minerali, conchiglie, piastrelle in ceramica, fra il trionfo del lussureggiante capelvenere.

Nel 1901 Carlo Berzio morì e la proprietà fu ereditata dalla sorella Giuseppina la quale era sposata al nobile avvocato Alessandro Anelli di Milano. Il parco possedeva già allora alcune essenze ad alto fusto. Alcune di esse sono ancora esistenti: fra queste ricordiamo alcune piante di conifere, Fagus sylvatica ‘Pendula’, Carpinus betulus, Cinnamomum camphora, Cupressus cashmeriana (derivante dal notissimo esemplare dell’Isola Madre), diversi esemplari di Cryptomeria e Cedrus e altri più comuni, come Picea abies, che approfondendo le radici direttamente nel ruscello ha raggiunto dimensioni eccezionali.

Di notevole interesse altre specie legnose, come Osmanthus fragrans, diversi rododendri, viburni, Gordonia e ciliegi da fiore. Una connotazione esotica e tropicale viene data dalla presenza costante di palme (Trachycarpus fortunei e Chamaerops humilis) e da alcuni gruppi di bambù di diverse specie, che danno solo un saggio dell’ispirazione esotica e mediterranea del progetto originario, che anticamente comprendeva piante di Eucalyptus, Araucaria, agrumi ed altre piante esotiche.

Nella parte storica del giardino, come in ogni altra vecchia villa del Verbano, erano state piantate delle cultivar ottocentesche di camelia, che ancora adesso destano stupore per le loro dimensioni e sono oggetto di studio per la ricerca storica delle vecchie varietà ottocentesche.

Negli anni ’50 l’Ing. Sevesi, amico intimo della proprietaria Alessandra Anelli, rimase ammaliato da alcuni esemplari di camelia in fiore; prese ispirazione da queste piante secolari per quella che poi diverrà la rinascita della camelia in Italia, che durante la prima parte del nostro secolo era stata coltivata e studiata solo marginalmente.

L’Ingegnere di Saronno, spalleggiato da un gruppo di studiosi come il Prof. Caraffini, dott. Coggiati, cav. Ardizzoia e da esperti coltivatori come Piero Hillebrand, Piffaretti, Zanoni e Mario Carmine, reintrodusse la coltura della camelia in Italia. Poco alla volta furono importate nuove varietà di camelia da tutte le parti del mondo e in particolare dall’Inghilterra, Giappone, Nuova Zelanda, Australia, Stati Uniti e Cina. Le piante venivano messe a dimora in Villa Anelli e piano piano la coltura della camelia andava a impreziosire il vecchio giardino all’inglese, sostituendo il frutteto e la parte ad ortaggi. Oggi il giardino è letteralmente gremito di piante di camelia; la raccolta è molto eterogenea e rispecchia gusti e mode di varie epoche e diverse culture nazionali.

Gli ultimi anni sono stati dedicati a riportare all’antico splendore le molteplici varietà di camelia che soffrono una troppo alta fittezza d’impianto. Il soffermarsi sulla problematicità di mantenere un tale patrimonio, sui sacrifici che esso pretende, sulla passione e la cura che sono indispensabili alla tutela di questo giardino sembra quasi superfluo, perché tutti questi elementi non possono sfuggire neanche al più distratto visitatore.