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Pietro Porcinai | Firenze VILLA LA TERRAZZA © ALESSIO GUARINO cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper
PIETRO PORCIAI | FIRENZE

VILLA LA TERRAZZA

A villa La Terrazza viene realizzata una piscina in stretta relazione con l’interno. Essa viene inserita entro una vasca rettangolare più ampia decorata da 87 ruote di pietra di marmo rosso di varie dimensioni che ne movimentano i bordi rettilinei e adornata da circa 10 varietà di ninfee  Il prato che la circonda contrasta con le forme della vasca e valorizza il portamento dei grandi cedri preesistenti. Piccole lanterne illuminano i percorsi, mentre la piscina è illuminata con fari inseriti in una parete della vasca. Il Paesaggista disegna anche la terrazza antistante la villa con il raffinato inserimento di elementi tondi nel lastricato, le piccole stanze verdi ad esso affiancate, il lastricato del portico, una pensilina all’ingresso della villa e l’ingresso di servizio occultato da siepi. Una serra preesistente viene trasformata in piccolo giardino di inverno ed utilizzata per occultare il serbatoio per il combustibile per il riscaldamento della villa e della piscina e la cisterna di raccolta dell’acqua piovana. Il giardino d’inverno è decorato da una fontana (suddivisa in 14 pezzi di pietra forniti dall’industria Marmi Vicentini, una roccera, con inserti di specchi, spugne e piante ricadenti e alla base una vasca per la raccolta dell’acqua per piante acquatiche e una panca

I GRANDI PAESAGGISTI DEL 900

PIETRO PORCINAI

Un’importante capacità di Pietro Porcinai era quella di individuare i reali problemi e comprendere le procedure idonee, precorrendo sempre i tempi grazie ad una pre-veggenza fondata su basi tecniche sperimentate. Oltre al suo precoce ed innato talento naturale e alla sua intelligenza professionale, Porcinai aveva inoltre maturato una specifica formazione all’estero, in notevole anticipo rispetto ad altri, senza dubbio rimanendo influenzato dalla cultura paesaggistica di quei paesi, in particolare Germania e Belgio, dove aveva fatto pratica di tecniche colturali presso alcuni vivai specializzati. In Italia il percorso della sua formazione si intrecciò con un periodo cruciale dell’arte dei giardini: infatti, proprio nel 1924 Luigi Dami pubblicò II giardino italiano, dimostrando il primato italiano nell’arte dei giardini.

La natura autoctona e caratteristica del giardino italiano, nel riappropriarsi del suo primato in un campo diventato oggetto di studi di stranieri, soprattutto anglosassoni, culminò nella famosa Mostra del Giardino Italiano del 19311 a Firenze, dove si tese alla valorizzazione di un grande passato, senza tuttavia tentare di aprire la strada alla ricerca di nuove forme moderne nell’arte dei giardini. Presidente della Commissione esecutiva’ della mostra fu Ugo Ojetti, sostenitore di un’architettura monumentale e in stile. Nell’ambito della manifestazione furono riproposti dieci modelli ideali di giardini, in una sorta di percorso storico dell’arte dei giardini italiani, concepiti come piccole creazioni scenografiche in cui era presente anche il giardino paesaggistico all’inglese, anche se giudicato estraneo alla tradizione classica nazionale.