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GIARDINI CONTEMPORANEI | PIETRO PORCINAI VILLA L'APPARITA © ALESSIO GUARINO cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper
I GIARDINI DI PIETRO PORCINAI

VILLA L'APPARITA

La Villa L’Apparita è una dimora storica di campagna, risalente al XVI secolo. Si trova a circa 3 km a sud di Siena, in località L’Apparita, nella piena campagna senese, ed è particolarmente nota per il suo giardino progettato da Pietro Porcinai. Villa L’Apparita risale a prima del XVI secolo ed era originariamente di proprietà della famiglia Placidi.

Nel Cinquecento venne ristrutturata e ampliata su progetto di Baldassarre Peruzzi. Nei primi decenni dell’Ottocento passò al conte Mario Nerucci il quale la acquistò dai signori Bandinelli, assieme alla pertinenza della villa di Monastero Basso. Negli anni sessanta del Novecento ne divenne proprietario il notaio Giovanni Guiso, appartenente ad una nobile famiglia sarda, che amava definirla “cascina”.

La villa non ha subito sostanziali modifiche nel suo impianto cinquecentesco, e fu attentamente restaurata dopo un periodo di abbandono.L’Apparita ha un impianto relativamente semplice, arricchita da una loggia belvedere con due ordini di quattro arcate a tutto sesto dalle magnifiche proporzioni attribuito al giovane Baldassarre Peruzzi, conosciuta per la sua austera bellezza, che dà il nome all’edificio. La facciata si sviluppa su due piani in laterizi, con pianta quadrangolare e loggia sul lato più corto, che si innalza anche rispetto alla volumetria del resto della costruzione: al piano terra si trova un portico con pilastri dai basamenti leggermente aggettanti, così come i piani d’imposta, privi di capitello. La loggia superiore, invece, separata da un marcapiano, è invece caratterizzata da pilastri a cui si addossano lesene, doppie alle estremità, e da archi più alti e slanciati di quelli sottostanti, oltre che da un’incorniciatura autonoma. Una balaustra in laterizio si trova leggermente arretrata rispetto al filo dei pilastri.

Realizzato fra il 1963 ed il 1966, il giardino di villa l’Apparita rappresenta un felice episodio della vasta produzione di Pietro Porcinai, una delle poche sue opere a Siena, dovuta al fortunato incontro con il committente Giovanni Guiso, raffinato estimatore d’arte con passione per il teatro. Porcinai trasformò radicalmente l’area attorno allo storico edificio, nello spirito di creare qualcosa di semplice, per rispettare la vocazione agricola della villa, e valorizzare la straordinaria veduta verso Siena, ricollegandosi al paesaggio naturale dei dintorni.

La situazione di partenza era quella di un terreno agricolo, occupato da filari di vite e ulivo. Cogliendo i suggerimenti del paesaggio circostante, con un approccio progettuale improntato alla semplificazione, con attenzione ai più piccoli dettagli, Porcinai realizzò un intervento il cui pregio principale consiste nella quasi ovvietà della soluzione e nell’effetto tanto naturale del risultato, da apparire un intervento minimale. Con il suo vasto prato movimentato dal dolce andamento del terreno, riecheggia e racchiude in sé l’essenza delle colline senesi, sublimandola in un paesaggio assoluto, artificiale ma apparentemente così naturale, da esprimere i contenuti fondamentali della campagna toscana. Un leggero diaframma di cipressi e lecci, percepibile come un boschetto naturale, cela le parti meno gradevoli della veduta, bordando il piccolo terreno di forma triangolare, che confina con due strade. Lievi terrapieni nascondono gli edifici vicini e schermano il rumore del traffico proveniente dalle strade.

L’ingresso alla proprietà, priva su tutti i lati di qualsiasi recinzione, è segnato da due semplici pilastrini in travertino che segnalano la strada di accesso; un percorso carrabile scavato in trincea, invisibile perciò dalla quota superiore del giardino, reso più lungo da un’ampia curvatura, pensata come espediente per creare in chi si avvicina alla casa un senso di sospensione e di attesa. Il parcheggio al quale conduce la strada è parimenti ricavato in una depressione del terreno, concepita per nascondere alla vista le auto, dotato di una pensilina aerea, che invita a un camminamento in salita, anch’esso in trincea, in asse con l’ingresso principale della villa, sottolineato da un arco di edera. Pavimentato con mattoni semplicemente appoggiati sul suolo, suggerisce l’idea di un’antica strada, che si accorda felicemente con il tono agreste della casa.

Il giardino, sviluppato tutto attorno all’edificio, ha un andamento sinuoso, che invita a percorrerlo, offrendo infiniti punti di vista sul paesaggio circostante. La scelta delle piante si avvale di poche essenze autoctone: lavanda, ginestre, melograni, corbezzoli, testucchi, gli odori dell’orto, ulivi e pochi cipressi. Allontanandosi dalla casa si giunge a una collinetta leggermente concava che accoglie al suo interno una cavea erbosa, delimitata da 26 panchine in legno con ossatura in ferro e da 5 piedistalli in terracotta a sostegno di vasi “rinascimentali” ai quali fa da sfondo una folta siepe di ginestra a forma di semicerchio. Il tutto incorniciato da due cipressi, un segno teatrale che si ritrova anche nel parco di villa Gori, che denunciano la presenza del teatro all’aperto e inquadrano la scena in lontananza della città di Siena. Porcinai progettò anche l’impianto di irrigazione consigliando però di non utilizzarlo durante l’estate così che il prato possa assumere il naturale colore giallo, tipico della campagna senese in questa stagione.

La villa è attribuita a Baldassarre Peruzzi, architetto e scenografo. Seguendo le osservazioni del Vasari, il quale sosteneva che le case del Peruzzi sembravano «nate, più che uscite dalla collina», Porcinai crea intorno ad essa un paesaggio tipicamente senese, ma del tutto artificiale, esasperando il tema del teatro e della finzione, in omaggio all’architetto della villa. Con ingenti movimenti di terra modifica il tracciato della strada d’accesso che rimane, come un taglio nel terreno, invisibile da qualunque punto del giardino. Un percorso in
mattoni di cotto sale, rastremandosi, verso una macchia in ombra, accentuando la visione prospettica. Una cavea erbosa con semplici panche di legno come platea e una folta siepe sempreverde in forma di semicerchio come fondale, diventa un essenziale teatro all’aperto.

tratto da: Pietro Porcinai, Architetto del giardino e del paesaggio, Notiziario AIAP Ottobre 1986 – n° 10

I GRANDI PAESAGGISTI DEL 900

PIETRO PORCINAI

Un’importante capacità di Pietro Porcinai era quella di individuare i reali problemi e comprendere le procedure idonee, precorrendo sempre i tempi grazie ad una pre-veggenza fondata su basi tecniche sperimentate. Oltre al suo precoce ed innato talento naturale e alla sua intelligenza professionale, Porcinai aveva inoltre maturato una specifica formazione all’estero, in notevole anticipo rispetto ad altri, senza dubbio rimanendo influenzato dalla cultura paesaggistica di quei paesi, in particolare Germania e Belgio, dove aveva fatto pratica di tecniche colturali presso alcuni vivai specializzati. In Italia il percorso della sua formazione si intrecciò con un periodo cruciale dell’arte dei giardini: infatti, proprio nel 1924 Luigi Dami pubblicò II giardino italiano, dimostrando il primato italiano nell’arte dei giardini.

La natura autoctona e caratteristica del giardino italiano, nel riappropriarsi del suo primato in un campo diventato oggetto di studi di stranieri, soprattutto anglosassoni, culminò nella famosa Mostra del Giardino Italiano del 19311 a Firenze, dove si tese alla valorizzazione di un grande passato, senza tuttavia tentare di aprire la strada alla ricerca di nuove forme moderne nell’arte dei giardini. Presidente della Commissione esecutiva’ della mostra fu Ugo Ojetti, sostenitore di un’architettura monumentale e in stile. Nell’ambito della manifestazione furono riproposti dieci modelli ideali di giardini, in una sorta di percorso storico dell’arte dei giardini italiani, concepiti come piccole creazioni scenografiche in cui era presente anche il giardino paesaggistico all’inglese, anche se giudicato estraneo alla tradizione classica nazionale.