La villa medicea di Castello si trova nella zona collinare di Castello a Firenze, molto vicina all’altra celebre villa medicea de La Petraia, ed è famosa soprattutto per i magnifici giardini, secondi solo a quelli di Boboli. Oggi la villa, chiamata anche Villa Reale, L’Olmo o Il Vivaio, è visitabile solo su prenotazione in occasioni speciali perché sede dell’Accademia della Crusca e dell’Opera del Vocabolario Italiano. Il parco è invece gestito dalla Direzione regionale Musei Toscana, organo periferico del Ministero per i beni e le attività culturali.
Il toponimo della località Castello deriva dalle cisterne (castellum) di un acquedotto romano che qui aveva il suo tracciato. Questo acquedotto fu fatto costruire dal senatore Marco Opellio Macrino (164-218) che, nel 217, diventerà Imperatore di Roma. Lungo l’acquedotto c’erano serbatoi d’acqua chiamati “castelli” e la borgata prese il nome di Castello dell’Olmo, per un olmo che era in questo punto.
La villa, che già esisteva nel XIV secolo, fu acquistata alla famiglia Della Stufa verso il 1477, da Lorenzo e Giovanni di Pierfrancesco de’ Medici, appartenenti al ramo “popolano” della famiglia, che l’ampliarono e l’arricchirono di opere d’arte. Lorenzo, da non confondere con il cugino Lorenzo il Magnifico, fu uno dei più grandi committenti di Sandro Botticelli: gli commissionò La Primavera e La nascita di Venere proprio per decorare questa villa, grandi dipinti che oggi sono il vanto degli Uffizi.
Alla morte di Giovanni di Pierfrancesco la Villa fu ereditata dalla vedova e dal figlio Giovanni delle Bande Nere che vi risiedette con la moglie Maria Salviati (figlia di Lucrezia de’ Medici che era figlia di Lorenzo il Magnifico) e il figlio Cosimo. Il matrimonio tra Maria Salviati e Giovanni dalle Bande Nere (figlio Giovanni di Pierfrancesco de’ Medici), fu particolarmente importante, perché per suo tramite si riunirono il ramo principale e quello popolano o cadetto della famiglia de’ Medici, e il loro figlio Cosimo venne chiamato a guidare Firenze dopo la scomparsa del Duca Alessandro de’ Medici e l’estinzione del ramo primigenio, dando così vita al ramo granducale della dinastia. All’epoca la villa era costituita da una corte, una sala terrena con loggiato, cucine e stalle.
Nel 1529 gli Otto di Guardia e Balia ordinarono di distruggere raccolti, case, ville, chiese, muri e alberi intorno alla città, per impedire al nemico di trovare viveri, alloggi, costruzioni da fortificare: anche gli abitanti di Castello dovettero evacuare il loro borgo e correre a Firenze.
La villa venne saccheggiata e incendiata durante l’assedio di Firenze (1529-1530), come la quasi totalità delle altre strutture fuori mura cittadine, ma fortunatamente, rispetto alle altre ville del contado, riportò danni minori.
Con la caduta della Repubblica, Castello ricostruì le case distrutte e gli abitanti tornarono al lavoro dei campi e alle occupazioni consuete.
I giardini storici della Toscana sono molto più che semplici spazi verdi: sono pagine di un libro vivente che racconta secoli di storia, cultura e sensibilità estetica. Nati spesso come orti dei monasteri medievali, luoghi di raccoglimento e coltivazione delle erbe officinali, si trasformano nel Rinascimento in veri e propri teatri della meraviglia, dove l’ordine geometrico e la perfezione delle proporzioni riflettono l’ideale di armonia dell’uomo con la natura. Le ville medicee e le loro scenografie vegetali diventano così simbolo di potere, bellezza e innovazione.
Con l’età moderna e soprattutto con il Romanticismo, il giardino toscano cambia volto: le linee rigorose cedono il passo a paesaggi più liberi, ispirati ai modelli inglesi, dove la natura sembra riappropriarsi dei suoi spazi, tra colline, boschetti e vedute scenografiche. In questo lungo percorso, la Toscana custodisce una straordinaria varietà di giardini che riflettono lo spirito delle epoche, dall’intimità dei chiostri medievali alla grandiosità rinascimentale, fino alla poesia dei parchi ottocenteschi.
Visitare questi luoghi significa non solo scoprire forme e architetture vegetali, ma entrare in dialogo con il paesaggio stesso: una continua tessitura di arte, natura e memoria che rende la Toscana un laboratorio unico di storia del giardino in Europa.