La leggenda riguardante l’arrivo dell’icona raffigurante una Madonna col Bambino è raccontata tardivamente nella cronaca di Graziolo Accarisi, giureconsulto bolognese del XV secolo. Essa narra di un pellegrino-eremita greco che, in pellegrinaggio a Costantinopoli, avrebbe ricevuto dai sacerdoti della basilica di Santa Sofia il dipinto, attribuito a Luca evangelista, affinché lo portasse sul “monte della Guardia”, così come era indicato in un’iscrizione sul dipinto stesso. Così l’eremita si incamminò in Italia alla ricerca del colle della Guardia e solo a Roma seppe, dal senatore bolognese Pascipovero, che tale monte si trovava nei pressi di Bologna. Arrivato nella città emiliana, fu accolto dalle autorità cittadine e la tavola della Madonna e del bambino venne portata in processione sul monte.
Col tempo la leggenda si arricchì di particolari dettati dalla fantasia o dalle supposizioni dei cronisti. Il primo fu, nel 1539, Leandro Alberti che diede alle stampe la Cronichetta della gloriosa Madonna di S. Luca del Monte della Guardia di Bologna, dove ipotizzava, come data d’arrivo dell’icona, l’anno 1160. Nel 1603 la scrittrice veneziana Lucrezia Marinelli pubblicò una raccolta di rime sacre contenenti un poemetto sull’icona, nel quale il pellegrino greco viene chiamato “Eutimio”. Il frate Tommaso Ferrari, nel 1604, aggiunse il particolare che l’icona fosse stata ricevuta dall’eremita e portata sul monte dal vescovo bolognese Gerardo Grassi. Infine, è un falso documento, prodotto probabilmente da don Carlo Antonio Baroni (1647-1704) e datato 8 maggio 1160, a raccontare della consegna dell’icona da parte del vescovo Grassi a due sorelle, Azzolina e Beatrice, figlie di Rambertino Guezi, fondatrici nel 1143 di un eremo sul colle della Guardia consistente di una capanna e una piccola cappella dedicata a San Luca. Quest’ultimo documento falso, dava anche un nome al pellegrino: Teocle Kmnya (o Kamnia).
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Lo stile dominante è il barocco, testimoniato da forme e volumi dinamici e curvilinei alternati in continue sporgenze e rientranze. Il corpo dell’edificio è costituito, in massima parte, dal grandissimo tiburio ellittico, spoglio e compatto, sormontato al centro da una grande cupola con lanterna, che ospita un osservatorio a 42 metri d’altezza.
La facciata, che non copre completamente le forme retrostanti, è costituita da un avancorpo modellato sulle forme classiche del pronao: un ordine di paraste giganti in stile ionico sorreggono un frontone, sotto il quale si apre un grande arco centrale. Raccordato ai lati della facciata, il porticato si sviluppa con due ali curvilinee che racchiudono il piazzale antistante e che si concludono con due tribune pentagonali a edicola. Il portale d’ingresso è affiancato dalle statue di San Luca e di San Marco di Bernardino Cametti, eseguite nel 1716 e in origine collocate nel presbiterio.
Il corpo del vecchio monastero domenicano e il campanile quattrocentesco sono incorporati nel lato meridionale della costruzione. All’interno di quest’ultimo è custodito un prestigioso concerto di 5 campane, più una piccola campana antica, fuori concerto, montate “alla bolognese” e ad azionamento completamente manuale.