Il nome di Bellagio è stato assegnato a questa villa, posta in un luogo splendido e circondata da un delizioso giardino, in epoca recente. In antico era indicata semplicemente come “villa sotto San Maurizio” e fin dai primi del XV secolo era casa da signore di un Maestro Falchetto di Valentino Falchetti. Appartenente a questa famiglia la troviamo fino al 1547, anno in cui Niccolò di Mariano Falchetti la vendette a Michele di Pagolo Ulivieri, che deve averla ampliata e restaurata, dato che sullo spigolo di una cantonata si trova lo stemma della famiglia. Michele Ulivieri dette il possesso in dote alla figlia Cassandra, sposa di Piero di Bernardo Corsini. Il figlio di lei, Piero, la vendette nel 1613 a Ser Matteo Corboli e da Piero di Matteo Corboli fu acquistata quattro anni dopo da Agnolo di Bastiano del Turco possessore della graziosa villa sottostante La Fontanella. Nel 1768 divenne dei Micheli fino all’inizio del secolo, passò poi ai De Magny d’Ostiano dai quali l’acquistò il pittore svizzero Bócklin che la rese celebre nel mondo. L’aspetto di questa villa grandiosa, raggiungibile da una poetica viottola a mezza costa, è del tutto ottocentesco e ovunque vive un ricordo, il ricordo appunto di Arnold Bócklin (18211901), residente a Firenze dal 1874 al 1884, stabilitosi poi a Bellagio nel 1895. “Così alla fine”, scriveva Bócklin alla sorella, “ho la mia patria, dopo aver girato tanto a lungo come un vagabondo senza casa. Bócklin trascorse lavorando gli ultimi anni della sua vita, circondato da quasi tutta la colonia intellettuale e artistica tedesca, che aveva scelto la Toscana e Firenze a sua dimora (si pensi all’istituzione di villa Romana per gli artisti tedeschi, ad opera di Klinger nel 1905). Nella loggia della villa il pittore realizzò, in rilievo, una Storia di Psiche. Nella cappella, dalle molte e sonore lapidi a ricordo dei De Magny, pendono polverosi alle pareti i nastri delle corone che accompagnarono alla sepoltura il romantico pittore de L’Isola dei morti (1880). I lauriers si sono ridotti a spennacchi, sul muricciolo a sassi, sotto un ciuffo di oleandri, un’urnetta etrusca di nenfro con la figuara sdraiata sul coperchio e una scritta: A Leda. Dio mio, quale tragica sorte è capitata a quest’urna etrusca trasformata in tomba dì una cagnetta.