This site was optimized for desktop or tablet viewing. Mobile devices will have some viewing difficulties, but will retain functionality.

PIETRO PORCINAI | SAN ZENONE DEGLI EZZELINI VILLA BONOTTO © ALESSIO GUARINO

SAN ZENONE DEGLI EZZELINI

VILLA BONOTTO

Questo grande giardino, anzi sarebbe più esatto parlare di parco, circonda una splendida villa cinquecentesca che, alta su una collina nei pressi di Asolo, domina la pianura. Ciò che più colpisce nel progetto di Porcinai è come sia riuscito a creare angoli di grande intimità, caldi ed accoglienti, in un contesto grandioso e ad inserire elementi moderni e funzionali, fra i quali per esempio la piscina ed i relativi locali, senza pregiudicarne il carattere formale.

Un largo viale d’ingresso in ciottoli e pietra conduce alla villa; ai lati, una fitta vegetazione composta di alberi d’alto fusto (in maggioranza Cedrus atlantica), arbusti (Rhododendron, Azalea, Sarcococca, Skimmia), tappezzanti (Convallaria japonica, Ruscus hypoglossum, Hedera). L’arrivo è dalla parte posteriore dell’abitazione, un ampio spazio per lo più tenuto a prato ma con una parte in ghiaia riservata alle auto; sulla sinistra, appoggiata ad un vecchio muro che lo chiude, una splendida siepe di acidofile (in maggioranza Kalmia latifolia e Rhododendron).

Attraverso uno stretto passaggio a lato della villa, ci si immette in un lungo percorso che, scendendo dolcemente per la collina, porta alle varie zone del giardino e alla piscina; filari svettanti di Cipressi, familiari nella zona dopo che gli inglesi, nell’800, li usarono anche nei nostri giardini, alte siepi di Prunus laurocerasus, muri di pietra e di Taxus baccata ne bordano i lati.

La piscina appare all’improvviso, assolutamente inaspettata: adagiata su un prato, domina l’ampia pianura ai suoi piedi. I dislivelli sono numerosi in questo parco che si snoda tutto in collina, e Porcinai si è sempre premurato di addolcire le scarpate per poterle ricoprire di vegetazione; ed ecco susseguirsi sontuosi tappeti gialli di Hypericum calycinum, verde tenero di Lonicera pileata, lilla di lavanda, bianco-rosato di abelia. La principale sensazione che suscita questo giardino è un invito a percorrerlo, ad inoltrarsi attraverso varchi e sentieri per scoprire cosa si nasconde al di là.

Allori e Cipressi, muri e pavimentazione a volte nascondono, a volte si aprono improvvisamente, a volte lasciano appena intravedere, in un gioco sapientissimo che comunque sempre stupisce ed affascina. Se la maggior parte della vegetazione è a fogliame persistente (Buxus sempervirens e Prunus laurocerasus per le siepi, Lonicera pilata e Prunus “Otto Luyken” per le scarpate), per assicurare un decoro strutturale durante tutto l’arco dell’anno, si notano anche specie scelte soprattutto per la fioritura, come 1′ Hydrangea petiolaris e le numerose rose. Un cenno particolare merita la piscina, sobria, lineare, e soprattutto visibile solo quando si è appena a pochi passi.

Testo di Silvia Travaglini per gentile concessione.

 

Rif. Emilia Romagna e Veneto: MARCELLA MINELLI, FLAMINIA PALMINTERI, MARIO PERUZZO, SILVIA TRAVAGLINI, I giardini di Pietro Porcinai in Emilia Romagna e nel Veneto, Acerinternational, Lecco 1999

I GRANDI PAESAGGISTI DEL 900

PIETRO PORCINAI

Un’importante capacità di Pietro Porcinai era quella di individuare i reali problemi e comprendere le procedure idonee, precorrendo sempre i tempi grazie ad una pre-veggenza fondata su basi tecniche sperimentate. Oltre al suo precoce ed innato talento naturale e alla sua intelligenza professionale, Porcinai aveva inoltre maturato una specifica formazione all’estero, in notevole anticipo rispetto ad altri, senza dubbio rimanendo influenzato dalla cultura paesaggistica di quei paesi, in particolare Germania e Belgio, dove aveva fatto pratica di tecniche colturali presso alcuni vivai specializzati. In Italia il percorso della sua formazione si intrecciò con un periodo cruciale dell’arte dei giardini: infatti, proprio nel 1924 Luigi Dami pubblicò II giardino italiano, dimostrando il primato italiano nell’arte dei giardini.

La natura autoctona e caratteristica del giardino italiano, nel riappropriarsi del suo primato in un campo diventato oggetto di studi di stranieri, soprattutto anglosassoni, culminò nella famosa Mostra del Giardino Italiano del 19311 a Firenze, dove si tese alla valorizzazione di un grande passato, senza tuttavia tentare di aprire la strada alla ricerca di nuove forme moderne nell’arte dei giardini. Presidente della Commissione esecutiva’ della mostra fu Ugo Ojetti, sostenitore di un’architettura monumentale e in stile. Nell’ambito della manifestazione furono riproposti dieci modelli ideali di giardini, in una sorta di percorso storico dell’arte dei giardini italiani, concepiti come piccole creazioni scenografiche in cui era presente anche il giardino paesaggistico all’inglese, anche se giudicato estraneo alla tradizione classica nazionale.