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PIETRO PORCINAI | AQUI TERME VILLA OTTOLENGHI WEDEKIND © ALESSIO GUARINO cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper cdn_helper

I GIARDINI DI PIETRO PORCINAI

VILLA OTTOLENGHI WEDEKIND | AQUI TERME

Il complesso di Monterosso ad Acqui Terme, è l’unico esempio in Italia di stretta collaborazione tra architetti, pittori, scultori e mecenati per dare vita alla creazione di una Dimora padronale caratterizzata dalla presenza di importanti opere d’arte.
Nel 1920 i Conti Ottolenghi, Arturo e Herta von Wedekind zu Horst, affidarono la progettazione di Villa Ottolenghi, prima a Federico d’Amato e poi al celebre architetto Marcello Piacentini. Il mecenatismo degli Ottolenghi portò a Monterosso un buon numero di artisti: Ferruccio Ferrazzi, Fortunato Depero, Adolfo Wildt, Libero Andreotti, Fiore Martelli, Arturo Martini, Rosario Murabito, Venanzo Crocetti e Ferruccio Ferrazzi. Fu proprio a Villa Ottolenghi che Arturo Martini produsse e portò alcune delle sue opere più importanti tra cui “Il Tobiolo, Adamo ed Eva, i Leoni di Monterosso…”. Alla morte dei Conti, è il figlio Astolfo che si impegna al completamento della villa con il parco ad opera di Pietro Porcinai.
Non lontano dalla villa il Mausoleo, oggi “Tempio di Herta”, e il parco, ricavato da un preciso disegno scenografico che prende il nome di “Paradiso Terrestre”. L’enorme portale del Tempio, di bronzo, nichel e rame inciso, monumentale opera dei maestri Ernesto e Mario Ferrari, fa da preludio alla bellezza degli affreschi di Ferruccio Ferrazzi, e dei mosaici realizzati dalla scuola musiva di Ravenna.
E poi intorno alla villa il Giardino formale, il Pozzo, gli Studi, il Cisternone e la Passeggiata che corre lungo il perimetro del complesso, i Graffiti, il Pergolato di glicine, la Piscina, la Cantina… sono tappe di un percorso di scoperta che sorprende per la cura del particolare e qua e là spuntano capolavori in ferro battuto come: funghi, tartarughe, uccellini, lumache… le poltrone girevoli in marmo e fra tutto ciò emergono le imponenti Sculture di Herta.

I GRANDI PAESAGGISTI DEL 900

PIETRO PORCINAI

Un’importante capacità di Pietro Porcinai era quella di individuare i reali problemi e comprendere le procedure idonee, precorrendo sempre i tempi grazie ad una pre-veggenza fondata su basi tecniche sperimentate. Oltre al suo precoce ed innato talento naturale e alla sua intelligenza professionale, Porcinai aveva inoltre maturato una specifica formazione all’estero, in notevole anticipo rispetto ad altri, senza dubbio rimanendo influenzato dalla cultura paesaggistica di quei paesi, in particolare Germania e Belgio, dove aveva fatto pratica di tecniche colturali presso alcuni vivai specializzati. In Italia il percorso della sua formazione si intrecciò con un periodo cruciale dell’arte dei giardini: infatti, proprio nel 1924 Luigi Dami pubblicò II giardino italiano, dimostrando il primato italiano nell’arte dei giardini.

La natura autoctona e caratteristica del giardino italiano, nel riappropriarsi del suo primato in un campo diventato oggetto di studi di stranieri, soprattutto anglosassoni, culminò nella famosa Mostra del Giardino Italiano del 19311 a Firenze, dove si tese alla valorizzazione di un grande passato, senza tuttavia tentare di aprire la strada alla ricerca di nuove forme moderne nell’arte dei giardini. Presidente della Commissione esecutiva’ della mostra fu Ugo Ojetti, sostenitore di un’architettura monumentale e in stile. Nell’ambito della manifestazione furono riproposti dieci modelli ideali di giardini, in una sorta di percorso storico dell’arte dei giardini italiani, concepiti come piccole creazioni scenografiche in cui era presente anche il giardino paesaggistico all’inglese, anche se giudicato estraneo alla tradizione classica nazionale.