Muovendo dalla piazza e fiancheggiando per un tratto il convento di San Domenico, è la via delle Fontanelle che discende verso la fresca vallicella del torrente Africo, conducendo a diverse ville di antica origine”, così Guido Carocci’ ci accompagna verso il bel complesso, già denominato “Il Pratellino”, inserito alle pendici dell’abitato nell’ariosa campagna rivolta a meridione. Oltre alla villa, si trovano vari annessi e una ex cappella sparsi tra il verde dei giardini e dell’area agricola con gli olivi, alberi da frutto e i fiori selvatici nei prati spontanei. Dall’ingresso, percorrendo il lungo viale di cipressi, delimitato sul lato di confine dal muro degli orti conventuali, si giunge al nucleo delle costruzioni disposte, tra la successione dei giardini formali, su diversi livelli. Da un piccolo belvedere si accede all’ampio parco romantico che, con aceri, tigli e platani imponenti, cupi cedri, lecci e tassi, si distende nell’ampia curva di via Giuseppe Mantelline, dove si trova il vecchio cancello che un tempo costituiva l’accesso al complesso’. Nella sua lunga storia la villa ha cambiato più volte proprietari’, fino ad essere, nel 1933, acquistata da Elena di Romania’, la principessa reale che nel 1934 incaricò Cecil Ross Pinsent (1884-1963) di modificare la villa e, nel 1935, di realizzare il giardino circostante.. Un giardino formale suddiviso in “stanze” appartate con parterre di bosso, pergole di glicini bianchi e violetti, rose banksiae bianche e gialle, che l’architetto inglese realizza interpretando magistralmente lo stile neo rinascimentale. Pochi anni dopo, nel 1939, in una specifica area del giardino, si inserisce l’intervento di Pietro Porcinai, al quale venne affidato il compito della progettazione della piscina e delle aree adiacenti’. Quello eseguito nel giardino di villa Sparta costituisce uno dei primi interventi di Porcinai realizzati in un contesto formale. Il paesaggista toscano, in questo ambito formale, costruisce una “stanza” che si affianca a quelle realizzate da Pinsent solo pochi anni prima. Porcinai interpreta da par suo l’intervento di Pinsent ed è molto singolare che tra i documenti d’archivio non si sia rinvenuta nessuna testimonianza di contatti, sicuramente possibili, avvenuti tra il giovane Porcina’ e il paesaggista inglese.
Ines Romitti
L’intervento con la piscina, di forma rettangolare allungata, si colloca nella parte orientale del giardino, delimitato a settentrione dal folto parco romantico che costituisce una densa barriera visiva ed acustica. Porcinai si preoccupa, prima di tutto, di curare l’inserimento nel suo peculiare contesto ambientale. Provvede pertanto ad ampliare con una fitta vegetazione la schermatura nella parte a oriente, che segna il confine della proprietà, per isolarla dalla vista degli edifici vicini. Nel contempo, delimitando l’area con una bassa siepe, lascia aperta la visuale a occidente, verso valle, in direzione della villa.
In accordo con il disegno del giardino e la forma regolare della vasca, la piscina è inserita in una vera e propria stanza verde, organizzata simmetricamente e collocata quasi in posizione centrale nell’erboso solarium. Alle due estremità sono collocati due punti focali: a nord, il percorso che si dirige verso il bosco si conclude in una seduta semicircolare sormontata in origine da un berceau in ferro, come si desume dalla foto d’epoca; a sud, snelli cipressi evidenziano il passaggio a un altro ambiente verde e delimitano quattro aiuole tappezzate da sassifraghe, adatte alla zona ombrosa.
Cecil Ross Pinsent (5 maggio 1884 – 5 dicembre 1963) è stato un designer di giardini e architetto britannico, noto per i giardini innovativi che ha progettato in Toscana tra il 1909 e il 1939. Questi hanno rivisitato in modo fantasioso i concetti dei designer italiani del XVI secolo.
Cecil Ross Pinsent nacque in Uruguay il 5 maggio 1884, a Montevideo, figlio di Ross Pinsent (un uomo d’affari con interessi ferroviari) e Alice Pinsent. Ha studiato architettura in Gran Bretagna.
Tra il 1901 e il 1906 trascorse qualche tempo a realizzare disegni topografici di chiese e case in Gran Bretagna e Francia; e nel 1906 stava facendo disegni simili in Italia. Lui e il suo amico Geoffrey Scott, durante un tour in Toscana, incontrarono lo storico dell’arte americano Bernard Berenson e sua moglie Mary Berenson.
Un’importante capacità di Pietro Porcinai era quella di individuare i reali problemi e comprendere le procedure idonee, precorrendo sempre i tempi grazie ad una pre-veggenza fondata su basi tecniche sperimentate. Oltre al suo precoce ed innato talento naturale e alla sua intelligenza professionale, Porcinai aveva inoltre maturato una specifica formazione all’estero, in notevole anticipo rispetto ad altri, senza dubbio rimanendo influenzato dalla cultura paesaggistica di quei paesi, in particolare Germania e Belgio, dove aveva fatto pratica di tecniche colturali presso alcuni vivai specializzati. In Italia il percorso della sua formazione si intrecciò con un periodo cruciale dell’arte dei giardini: infatti, proprio nel 1924 Luigi Dami pubblicò II giardino italiano, dimostrando il primato italiano nell’arte dei giardini.
La natura autoctona e caratteristica del giardino italiano, nel riappropriarsi del suo primato in un campo diventato oggetto di studi di stranieri, soprattutto anglosassoni, culminò nella famosa Mostra del Giardino Italiano del 19311 a Firenze, dove si tese alla valorizzazione di un grande passato, senza tuttavia tentare di aprire la strada alla ricerca di nuove forme moderne nell’arte dei giardini. Presidente della Commissione esecutiva’ della mostra fu Ugo Ojetti, sostenitore di un’architettura monumentale e in stile. Nell’ambito della manifestazione furono riproposti dieci modelli ideali di giardini, in una sorta di percorso storico dell’arte dei giardini italiani, concepiti come piccole creazioni scenografiche in cui era presente anche il giardino paesaggistico all’inglese, anche se giudicato estraneo alla tradizione classica nazionale.