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LA FEDE RETTA È UNA MONTAGNA FELICE

MASANOBU FUKUOKA

Penso di non essere diverso da voi, ma c’è una piccola differenza tra voi e me. Il significato del mio nome è: Masa = diritto, retto, Nobu = fede, Fuku = felice, Oka = montagna

La piccola differenza con voi è che volete imparare, io sono venuto per vuotarmi la testa da quel che ho imparato in Giappone, cioè nessuna preoccupazione mi insegue. Siccome voi non capite il giapponese e io non capisco l’italiano è come se parlassimo nel vuoto. È ottimo perché tutto ciò che sta nel vuoto, non pesa su di noi. Sono felice di sentire la gentilezza che si respira qui. Un’antica canzone giapponese dice: “stiamo bene perché la luna è tonda”, così è per noi.

Normalmente, quando una persona invecchia, aumenta la sua base di valori, la sua saggezza, mentre per me è stato il contrario: invecchiando mi sono sentito sempre più come un vecchio contadino molto vicino alla terra. Di solito nel corso della vita si cammina verso la speranza, invece ho l’impressione di averla lasciata dietro di me; è un po’ come andare all’indietro. Fino a cinque anni fa pensavo che tutto quello che avevo sperimentato non sarebbe servito a nessuno. Poi vidi apparire degli articoli su riviste specializzate di agricoltura che studiavano il metodo naturale, ed erano scritti da scienziati che conoscevo.

Non possono esserci tecnici che contraddicono ciò che ho fatto, poiché loro stessi hanno sempre tenuto d’occhio quello che facevo soprattutto per quanto riguarda riso e grano. Questi tecnici però non conoscono tutto il metodo e per questo non possiedono una visione d’insieme dei fatti. Per esempio, il tecnico esperto in cumuli, compostaggi, concimazioni, vede questo sistema dal suo punto di vista professionale perdendo il discorso globale, anche se lo trova interessante. L’esperto entomologo e fitopatologo ammette che questo sistema è valido, però non lo praticherà mai perché è preso nel suo particolare e l’agricoltura naturale esula dalla concezione sempre più parziale, che abitualmente usa per affrontate nuovi esperimenti.

Ieri, all’Istituto Agronomico, c’era un professore esperto dello strato attivo del suolo: anche lui si comportava così e diceva che siccome in Italia il suolo è prevalentemente argilloso, l’agricoltura naturale non può essere importata dal tanto diverso Giappone; pensava che fossi riuscito nelle mie sperimentazioni agricole in un ambiente insolito o quanto meno circoscritto e particolare. Pensava che la concezione filosofica di questo metodo, per quanto valida, non fosse attuabile.

Ma la natura è dappertutto la stessa. È naturale che in Giappone sia di un tipo e in Italia di un altro. In Giappone c’è una tecnica di ritorno all’agricoltura naturale e in Italia ce n’è un’altra o più di una. Quando la terra argillosa si riscalda, si secca e si crepa e da queste crepe si verifica la dispersione. È un grave problema: perciò i tecnici vogliono cambiare la terra. Nell’orto botanico dell’Istituto Agronomico mi hanno mostrato al- cune piante tropicali, confidandomi il proposito di metterle a dimora in Italia. Quelli dell’Istituto si sono convinti a coltivarle un giorno qua, proprio perché si sta instaurando la succitata situazione pedologica e climatica. Secondo loro è naturale il fatto che ci sia questa terra così secca, quindi è anche naturale piantare piante tropicali. Ma, guardandomi intorno, salendo sulle colline, ho notato un paesaggio che non sento originale della zona, così come trovo la terra estremamente depauperata; per cui penso che anche questo clima non sia originale della zona.

In questo caso una cosa importante è avere modo di conoscere la natura originale della Toscana. Per esempio guardando la dorsale del colle che sta dietro Ontignano vedo che ci sono solo due pini, gli altri sono tutti cipressi. Qualcuno di voi mi ha detto che dove sono i cipressi vi è un rapporto energetico particolare con il cielo e che in Italia vengono per lo più piantati nei dintorni dei cimiteri; difatti io sento che sono molto tristi. Guardando II Poggio alle Tortore, legato al monte Fanna, fa parte dei colli fiorentini. quei cipressi la mia impressione è che essi riversino depressione non solo sugli uomini, ma anche sulla terra.

Secondo me la natura originaria di questo posto deve essere stata deviata all’incirca 400 o 500 anni fa. La tona- lità di verde che predomina è una vibrazione molto cupa e anche guardando il suolo vi è una cinquantina di varietà di piante erbacee, ma non mi sembra siano autoctone. Bisognerebbe poterlo paragonare con un ecosistema che sia ancora quello di 400 anni fa.

L’agricoltura naturale ha come base di applicazione, data la degenerazione pedologica attuale, non tentare uno svi- luppo agricolo in qualsiasi terra disponibile, bensì ritrovare nella zona che ci interessa un luogo quanto meno vicino alla naturalità originaria dalla quale partire. Nel voler iniziare questa pratica sarebbe dunque importante poter scegliere un luogo confacente; in caso opposto bisogna più che mai impegnarsi nello studio.

La critica che posso fare a questo podere e a questa zona è la presenza dell’ulivo, che è un esempio di deviazione dal- la naturale tendenza del posto dovuta a interessi economici. Guardando i tipi di erbe che crescono alla base degli ulivi si può notare come siano state scelte per il bestiame.

In California, dove la terra è preda di un’avanzata desertificazione ho visto queste stesse erbe e ritrovarle qua mi ha fatto pensare. C’è una proliferazione incredibile in California di quelle dorate spighette che si attaccano alle vesti, chiamate “Fox tail” (coda di volpe e avena selvatica); dove la desertificazione è più avanzata vi è un proliferare massiccio di questa pianta, fino a essere padrona solitaria e incontrastata, essendo per di più di un ecotipo ben più forte di quello nostrano, come possiamo vedere. Queste dorate praterie incentivano ancor più la desertificazione, attirando con la loro tonalità i raggi solari.

La maggior parte degli studiosi oggi sono dell’idea che i significativi cambiamenti del clima che si manifestano su vaste aree del globo siano dovuti a cause inevitabili, quasi imperscrutabili; per me si tratta semplicemente di inevitabili propaggini del problema ecologico. In California il problema è evidente, e qui penso di aver ritrovato la stessa tendenza. Per riassumere, è bene non perdersi in soluzioni parziali, ma preoccuparsi di recuperare il suolo italiano all’agricoltura italiana.

Tratto da: LEZIONI ITALIANE, I semi della Rivoluzione del filo di Paglia sparsi in Italia a cura di Giannozzo Pucci in aPPendice: Buttate via l’oroloGio incontro con Fukuoka in india di Pia Pera Libreria editrice Fiorentina