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L'ARTE DEI GIARDINI | UNA BREVE STORIA

PIERRE GRIMAL

CONCLUSIONI

Al termine di questo schizzo di una storia dei giardini, che non copre che un’infima parte del soggetto, considereremo meglio, forse, l’importanza rivestita da quest’arte nella storia del pensiero umano. L’abbiamo vista nascere a partire dalle credenze e dai miti ai quali dà corpo. A Roma, come in Persia e in Cina, comincia con l’essere il supporto di un pensiero religioso e, poco a poco, la sua ispirazione si «laicizza», nella misura in cui la magia fa spazio alla bellezza. È possibile, ma attualmente non dimostrabile, che le diverse «cosmogonie» del giardino abbiano esercitato le une sulle altre, per lo meno in dati momenti, una influenza indiretta. Ma l’ipotesi non è necessaria: per se stessi, e ovunque, i culti naturalisti hanno teso a incarnarsi in un giardino. C’è in questo una sorta di necessità cui non si è sottratta nessuna civiltà. È abbastanza significativo in Occidente l’esempio del XVIII secolo che, volendo ritrovare il senso della Natura, non poté far di meglio che adattarla a suo gusto nei giardini.

Non crediamo però che filosofia e letteratura siano del tutto determinanti in questa creazione di uno stile. Abbiamo visto come i dati invitino a considerare al contrario una priorità del giardino. La letteratura non è sempre creatrice di ideali; anzi non è spesso che l’espressione più bruciante di concezioni ispirate ad altre arti. Queste ultime, pittura, giardino, architettura, rappresentazioni teatrali, musica contribuiscono, forse più profondamente, a formare, quindi a generalizzare, infine ad imporre agli scrittori stessi un’estetica ormai diffusa di cui essi faranno bene o male la teoria. Rousseau viene dopo William Kent e Alexandre Pope, come le Bucoliche di Virgilio, cosi piene, anch’esse, di visioni ispirate dal giardino, arrivano dopo le prime opere dell’ars topiaria. I rapporti dell’arte dei giardini con la pittura sono ancora più stretti di quelli che intreccia con la letteratura. Tra il pittore e il poeta il giardino costituisce un vero e proprio mediatore, che mette alla prova della realtà le concezioni dell’uno e dell’altro.

Sebbene il giardino sia limitato nei suoi mezzi, abbiamo visto che arriva a differenziarsi in stili ben definiti; abbiamo anche visto che questi stili oscillavano tra due poli, a seconda che dominasse lo spirito costruttivo e geometrico o al contrario il ricorso alla sensazione pura. Ma abbiamo dovuto confessare molto spesso che non esiste un giardino completamente geometrico né completamente disordinato. La maggior parte delle creazioni conosciute arrivano ad unire le due tendenze, e non si distinguono che a seconda dell’importanza data a ciascuna delle due. Questa scelta varia a seconda del clima, della funzione sociale o religiosa del giardino, ed anche delle influenze passeggere. Al di là delle variazioni, si ritrovano alcune grandi «costanti»: l’impiego della terrazza per esempio, che definisce una prima grande corrente stilistica, da Babilonia al giardino «alla francese», passando per Roma e per l’Italia del Rinascimento. Poi, l’impiego dell’acqua: con il fiume a serpentina, andiamo dalla Cina e dal Giappone al giardino pittoresco d’Occidente; mentre l’acqua canalizzata, le cascate artificiali, i getti d’acqua ci conducono dalla Persia e dall’Egitto fino al giardino barocco e, una volta ancora, allo stile francese. Infine, il ricorso alle «macchine», agli artifici della magia, definisce un altra linea continua che va da Bisanzio e dall’Islam fino al «giardino da opera» che coesiste, in Occidente, con il rigore geometrico. Ciascuna di queste grandi «costanti» del giardino si spiega con influenze dirette di oui abbiamo cercato di segnare le tappe. Si impone ad una data epoca e contribuisce a determinare per ciascuna una visione del mondo, anche se questa si trova sovente alle dipendenze di concezioni spesso lontane, a volte perdute in nebbie leggendarie, ma di cui la storia dei giardini ci prova la sopravvivenza e l’azione. Chi avrebbe pensato, se il giardino non ce ne avesse portato la prova, che Madame de Montespan si divertisse con gli stessi giochi che avevano fatto la delizia dei conquistatori mongoli a contatto del mondo bizantino?