- I giardini pensili di babilonia
- Giardini sulle rive del mediterraneo
- Il giardino medievale
I Giardini pensili di Babilonia furono una delle sette meraviglie del mondo antico. Secondo la tradizione, furono edificati intorno al 590 a.C. dal re Nabucodonosor II, nell’antica città di Babilonia, vicino all’odierna Baghdad. Alcuni storici non sono tuttavia certi della loro localizzazione, e persino della loro reale esistenza. La questione della localizzazione dei giardini è ancora oggi irrisolta e gli studi, ancora in corso, hanno lasciato emergere le più varie ipotesi, tra cui anche quella che Babilonia non ospitasse affatto una delle Sette Meraviglie del mondo antico, poiché le fonti antiche, pur concordando nella descrizione dei giardini, non ne forniscono alcuna localizzazione precisa all’interno della città.
Una prima teoria fu fornita dall’archeologo tedesco Robert Koldewey, il primo a condurre scavi sul sito, tra il 1889 e il 1917. Egli teorizzò che i giardini dovessero trovarsi nell’angolo nordorientale del Palazzo Meridionale, poiché in quel luogo egli aveva portato alla luce un’enorme struttura coperta da volte a botte e composta da quattordici stanze, cui il muro stesso di recinzione faceva da delimitatore. Determinante fu il ritrovamento, in uno di questi ambienti, di un pozzo con dei fori, prontamente ricondotto al sistema di approvvigionamento idrico. Tale teoria aveva però il suo limite nella lontananza del sito dall’Eufrate, cui l’acqua veniva attinta per l’irrigazione, e nel fatto che l’accesso ai giardini poteva avvenire solo attraversando stanze private e uffici. Inoltre, con il proseguire degli scavi, sembrò più plausibile che le stanze portate alla luce dal Koldewey fossero ambienti destinati all’immagazzinaggio di merci.
Una seconda teoria fu avanzata da D.J. Wiseman, che colloca i giardini “sopra e a settentrione della grande muratura a ovest” del Palazzo Sud, dalla quale si sarebbero estesi i giardini, presso le rive dell’Eufrate. Nella prima metà degli anni novanta lo studioso D.W.W. Stevenson propose un’altra tesi (affermava infatti che i giardini non potessero trovarsi dove indicava il Wiseman poiché all’epoca di costruzione l’Eufrate aveva già coperto la zona in questione) secondo cui i giardini sarebbero stati un edificio a terrazze indipendente ma molto vicino al Palazzo Meridionale, e probabilmente a sud di esso. Di questa struttura non abbiamo, a tutt’oggi, traccia alcuna.
Da più recenti studi è emersa anche la teoria – sostenuta da Stephanie Dalley – secondo cui i giardini non sarebbero stati affatto situati in Babilonia, ma nella vicina città di Ninive. La Dalley ravvede nelle fonti classiche una confusione tra Babilonia e Ninive dovuta al fatto che il passaggio dal potere assiro a quello babilonese non fosse stato percepito come una soluzione di continuità dagli autori classici, che continuavano ad individuare un generico “regno di Assiria” che aveva semplicemente cambiato capitale. Inoltre, le fonti babilonesi tacciono del tutto riguardo all’esistenza stessa dei giardini, mentre le fonti assire testimoniano di importanti lavori idrici a Ninive sotto Sennacherib (668-631 a.C.) nonché della presenza di giardini presso le rive del Khors.
Babilonia era circondata da una doppia cinta di mura, interrotta dalla porta di Ishtar, attraverso la quale passava la strada principale di accesso alla città rivestita da mattonelle smaltate azzurre ed ornata con oltre 120 statue di leoni con le fauci spalancate; sopra la porta sono state rinvenute, dall’archeologo Robert Koldewey, le strutture a volta che costituivano la base di sostegno dei sovrastanti giardini sopraelevati e terrazzati. Considerando che all’epoca l’utilizzo del terreno con colture diverse da quelle agricole era sicuramente inusuale, la progettazione dei giardini fu un’operazione culturale di largo respiro; fu creato un orto botanico con tipi di flora non originari della zona, ed abituati a climi più umidi; per irrigare i giardini con la frequenza e la quantità di acqua necessaria, fu costruito un complesso sistema idraulico che, tra l’altro, doveva sollevare l’acqua dal fiume. I terrazzamenti per ricavare i giardini furono costruiti interamente in pietra e vengono citati anche da Erodoto.
L’impianto di irrigazione fu per la prima volta oggetto di studio da parte di D.W.W. Stevenson che, basandosi esclusivamente sulla descrizione degli autori classici, ipotizzò che il sistema adottato fosse quello detto noria, metodo di cui si trovano tracce in Oriente già a partire dal XIV secolo a.C. Nel caso dei giardini di Babilonia, esso doveva essere applicato in questo modo: alla base della scalinata dei giardini vi erano due grandi bacini che ricevevano acqua dall’Eufrate a mezzo di condutture sotterranee. Ai bacini erano connesse delle ruote di legno o vasi d’argilla. Quando le ruote venivano azionate dalla forza umana, queste ultime si riempivano per poi lasciar ricadere l’acqua in un collettore sino al piano superiore, dove avveniva lo stesso procedimento, fino a raggiungere il livello più alto. Qui si trovava una cisterna da cui l’acqua poteva facilmente essere ridistribuita, attraverso condotti a caduta, a tutta la superficie dei giardini, sia a scopi irrigui che con funzione ornamentale.
Quando i greci videro i parchi orientali ne rimasero colpiti ed affascinati, poiché la loro cultura, sebbene avanzatissima in tutte le arti, non aveva mai prodotto nulla di eguale. Una delle ragioni per le quali si sostiene che l’Antica Grecia non abbia prodotto sfarzosi giardini è riconducibile alla vita democratica delle polis, che avrebbe mal visto lo sviluppo di giardini privati come dichiarazione di ricchezza e benessere. Peraltro la cultura cretese-micenea fu amante dei fiori, difatti dai reperti possiamo dedurre una centralità del motivo floreale decorativo, come già era stato per quella egizia. Per i greci occuparsi del giardino era un’attività prevalentemente femminile o alla quale ci si poteva dedicare durante le pause tra una guerra e l’altra. Le influenze persiane si propagarono all’antica Grecia: attorno al 350 a.C. c’erano giardini presso l’Accademia di Atene e Teofrasto, considerato il padre della botanica, si suppone avesse ereditato il giardino di Aristotele.