This site was optimized for desktop or tablet viewing. Mobile devices will have some viewing difficulties, but will retain functionality.

Appennino Tosco Romagnolo

Virginio Briatore

Prima che arivasse il grande freddo siamo andati a fare un giro sull’Appennino. Questione di vedere e respirare l’autunno, per tanti una stagione, per noi un’età. A dire il vero mi sento coi piedi nell’inverno ma esserci arrivati è già una fortuna. L’Appennino è spina dorsale selvatica, linfa vitale silenziosa e dimenticata. Siamo saluti sulla statale SS67 del Muraglione, cara ai motociclisti, che da Forlì porta a Firenze.

Prima tappa Rocca San Casciano e il paese in qualche modo ci ha commossi: alimentari d’antan con pane, dolci, formaggi e bontà locali, che già solo a vedere la maniglia ti fa tenerezza. Altri di abbigliamento o casalinghi che ti domandi come facciano a resistere, bar di romagnoli o di cinesi con sale interne che si affacciano sull’infinito e ovunque, anche in chiesa, un depliant della comunità locale che invita le persone, gli stranieri, i pensionati ad andare a vivere a Rocca San Casciano!! E ne promuove la qualità della vita, i servizi, i parchi, le scuole, il cibo.

Da lì abbiamo raggiunto l’Abbazia di San Donnino in Soglio, secolo XI, non a caso posta in un luogo assoluto, di estensione e raccoglimento. Deserta, probabilmente si ravviva d’estate con qualche campo di boy scout dato che c’è vicino una sorta di scuola. Pranzo al sacco, bevendo aria a pieni polmoni camminando poi verso un casolare, anch’esso disperso su una sommità e usato come casa di vacanze.

Più che vacanze qui è tutto vacante, vuoto di vita o meglio luogo di pochi alti spiriti che sopravvivono liberi e dei quali si vedono camini fumanti in alcune case isolate, forse felici o forse inquiete, chi lo sa? Di sicuro a vederle mi verrebbe voglia di rinascere e ripassarci una decina d’anni!

Fuori dai paesi, per loro natura posti vicini ai corsi d’acqua o alla strada principale, si aprono scenari struggenti, silenzi colorati, e pochi canti di uccelli, forse anche loro scesi a vivere in calde e foraggiate città. A cantare ci pensa l’acqua, nei torrenti e in alcune fontanelle abbeveratoi che a berci sei un san pellegrino.

Alla fine siamo andati a Premilcuore, perché un nome così non è da tutti e di questi tempi aiuta a prendere fiato; quello che serve a salire per le stradine che da varie parti si riversano e risalgono verso la piazza. Ognuna di queste piazze è l’Italia, con il municipio, la chiesa, il bar e gli umani che girano attorno sperduti o felici, come lo siamo stati noi con una salsiccia secca, un dolce dei morti e i sorrisi dei vivi.

 

Leave a Reply