Prima che arivasse il grande freddo siamo andati a fare un giro sull’Appennino. Questione di vedere e respirare l’autunno, per tanti una stagione, per noi un’età. A dire il vero mi sento coi piedi nell’inverno ma esserci arrivati è già una fortuna. L’Appennino è spina dorsale selvatica, linfa vitale silenziosa e dimenticata. Siamo saluti sulla statale SS67 del Muraglione, cara ai motociclisti, che da Forlì porta a Firenze.
Prima tappa Rocca San Casciano e il paese in qualche modo ci ha commossi: alimentari d’antan con pane, dolci, formaggi e bontà locali, che già solo a vedere la maniglia ti fa tenerezza. Altri di abbigliamento o casalinghi che ti domandi come facciano a resistere, bar di romagnoli o di cinesi con sale interne che si affacciano sull’infinito e ovunque, anche in chiesa, un depliant della comunità locale che invita le persone, gli stranieri, i pensionati ad andare a vivere a Rocca San Casciano!! E ne promuove la qualità della vita, i servizi, i parchi, le scuole, il cibo.
Da lì abbiamo raggiunto l’Abbazia di San Donnino in Soglio, secolo XI, non a caso posta in un luogo assoluto, di estensione e raccoglimento. Deserta, probabilmente si ravviva d’estate con qualche campo di boy scout dato che c’è vicino una sorta di scuola. Pranzo al sacco, bevendo aria a pieni polmoni camminando poi verso un casolare, anch’esso disperso su una sommità e usato come casa di vacanze.
Più che vacanze qui è tutto vacante, vuoto di vita o meglio luogo di pochi alti spiriti che sopravvivono liberi e dei quali si vedono camini fumanti in alcune case isolate, forse felici o forse inquiete, chi lo sa? Di sicuro a vederle mi verrebbe voglia di rinascere e ripassarci una decina d’anni!
Fuori dai paesi, per loro natura posti vicini ai corsi d’acqua o alla strada principale, si aprono scenari struggenti, silenzi colorati, e pochi canti di uccelli, forse anche loro scesi a vivere in calde e foraggiate città. A cantare ci pensa l’acqua, nei torrenti e in alcune fontanelle abbeveratoi che a berci sei un san pellegrino.
Alla fine siamo andati a Premilcuore, perché un nome così non è da tutti e di questi tempi aiuta a prendere fiato; quello che serve a salire per le stradine che da varie parti si riversano e risalgono verso la piazza. Ognuna di queste piazze è l’Italia, con il municipio, la chiesa, il bar e gli umani che girano attorno sperduti o felici, come lo siamo stati noi con una salsiccia secca, un dolce dei morti e i sorrisi dei vivi.