Introduzione
In Europa, dalla metà dell’Ottocento, si può sostenere che la cultura paesaggista viva prevalentemente tra l’Inghilterra e il Mediterraneo, nonostante appaia comunque centrale il contributo fornito dalla cultura francese rispetto ad alcune tecniche relative alla costruzione del giardino. Molti sono gli esponenti della cultura anglosassone, che sulle rive del Mediterraneo realizzarono suggestive dimore circondate da giardini unici, nei quali attraverso un’armonica mescolanza e compresenza di stili, forme e caratteri, si attuò una sintesi capace di produrre significative trasformazioni dei paesag- gi costieri. Così è accaduto a Ravello, dove l’acquisizione da parte di Francis Navile Reid (1826-1892) dei ruderi di palazzo Rufolo e del suo vasto territorio adiacente, trasformati in uno dei giardini più suggestivi del meridione, ha segnato in maniera decisiva il destino contemporaneo della cittadina. Il complessivo intervento paesistico promosso dal raffinato ed ecclettico botanico-dilettante ha inciso sul complessivo immaginario della Ravello di età contemporanea più del cauto e competente restauro dell’antica e cadente villa, eseguito da Michele Ruggiero (1811-1900).
Giardini degli inglesi sulle rive del mediterraneo
Nell’Ottocento europeo, risultano molti gli esponenti della cultura anglosassone, per non parlare dei russi e tedeschi, che costruirono o riprogettarono sulle rive del mediterraneo incantevoli dimore, caratterizzate da suggestivi giardini e parchi, avviando così una moda che avrà ampia diffusione durante tutto l’arco del XX secolo1. Ad acquistare le antiche proprietà, intraprendendo significative operazioni di restauro e trasformazione dei originari giardini, furono, in molti casi, i touristes appartenenti alle raffinate élites cosmopolite di viaggiatori del nord Europa, richiamate in Italia dal clima mite, dalla cultura, e dal fascino del paesaggio mediterraneo2. In tali interessanti realizzazioni giardiniere avviate nel corso dell’Ottocento, che contribuirono alla trasformazione del paesaggio di molte delle più suggestive località costiere italiane, sono riscontrabili molteplici influssi riconducibili alla cultura anglosassone.
La Riviera ligure di ponente, ad esempio, per il clima ed esposizione favorevole, divenne il luogo ideale per la co- struzione delle winter residences, di quello che si definì nel corso dell’Ottocento come un nuovo turismo storico inter- nazionale. Fu quello un momento particolarmente fulgido della storia dell’arte dei giardini, arricchito dal nord al sud del Paese di significative realizzazioni, che suscitarono un generale e diffuso interesse per quest’arte e che si configurarono come fondamentali per l’evoluzione del gusto di questo particolare aspetto dell’architettura del paesaggio. Paradigmatico di tale cultura romantica, paesistica e botanica, tipicamente anglosassone, appare il caso ligure, nella trasformazione del paesaggio intorno Villa Orengo, dimora situata sul promontorio di Capo Mortola a Ventimiglia. Qui, Sir Thomas Hanbury, nativo di Londra, dopo aver accumulato ingenti somme di denaro mediante imprese coloniali, tornato all’età di 35 anni dalla Cina, nel 1867 acquistò l’antico podere e il vasto territorio, che, dalla punta della Croce, si estendeva fino al mare.
Partendo dall’idea di base di ricreare l’ambiente della garrigue ovvero la macchia mediterranea che caratterizzava la Francia meridionale (fatta di arbusti sempreverdi e querce), realizzò nel tempo un mirabile giardino di accli- matazione con un’ampia varietà di piante esotiche.
Il giardino di villa Hanbury fu realizzato grazie al decisivo contributo di Daniel Hanbury, fratello di Thomas, competente farmacista e botanico, che fornì le basi scientifiche necessarie per l’impianto di acclimatazione delle rare piante esotiche. La ricca collezione botanica, comprendente oltre 5.800 piante, tutte catalogate e collocate a cielo aperto, attirò fin dai primi anni della sua realizzazione l’attenzione del mondo scientifico internazionale. Occorre ricordare che le tante novità botaniche erano giunte in Italia prevalentemente tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, al seguito dei viaggi esplorativi intrapresi da numerosi botanici e naturalisti; tali sorprendenti acquisizioni, di cui in molti casi si sapeva ben poco, alimentarono a lungo la moda del collezionismo botanico, favorito dagli scambi di semi a livello internazionale. Va sottolineato che l’arrivo in Italia di piante esotiche deve molto della sua fortuna alla folta comunità inglese, assai colta in materia, che abitò le contrade più pittoresche del nostro paese trasversalmente: l’acclimatazione delle piante in habitat diversi neces- sitava infatti di radicate e specifiche conoscenze botaniche di cui la cultura anglosassone era pregna.
Oltre il significavo caso ligure, in cui, molteplici risultano gli influssi della cultura anglosassone, nell’evoluzione del gusto dell’arte dei giardini e nella trasformazione del paesaggio appaiono importanti le trasformazioni avviate nel corso dell’Ottocento nei parchi e nei giardini delle ville della regione dei laghi dell’Italia settentrionale e in quelle dei giardini anglo fiorentini. In particolare nel caso toscano, a Firenze, sulle sue colline e in val d’Orcia, architetti e paesaggisti, a partire dallo studio dei giardini rinascimentali classici, avviarono un significativo processo di rinnovamento dell’architettura del paesaggio.
Anche nel sud Italia, nello sviluppo dell’arte dei giardini e nelle graduali trasformazioni del paesaggio, appaiono molteplici i legami e le influenze riferibili alla cultura anglosassone. Significativo il caso di Ravello, che dalla metà dell’Ottocento, per le condizioni climatiche favorevoli e per la singolarità del paesaggio, che rappresenta la quintessenza della mediterraneità, richiamò l’attenzione di quelle élites colte di viaggiatori, che, oltre allo svago, alla scoperta delle antiche civiltà e alla contemplazione
e riscoperta in chiave romantica della natura, si videro impegnate nella riqualificazione degli antichi giardini. Appartenente a quella raffinata élite di viaggiatori cosmopoliti fu Francis Navile Reid, il quale, giunto a Napoli, s’integrò subito nella vasta comunità di viaggiatori espatriata: uomini di cultura, artisti, imprenditori e commercianti, inglesi, svizzeri e tedeschi, ivi molto operosi. Stabilitosi a Posillipo, a villa Gallotti, nel 1851, appena venticinquenne, e conquistato dalla bellezza del paesaggio ravellese, acquistò dalla famiglia d’Afflitto a Napoli, i ruderi di palazzo Rufolo, per eleggerli a sua residenza estiva. Sebbene il restauro dell’antica e cadente proprietà, affidato da Reid a Michele Ruggiero, fu condotto dall’architetto in maniera cauta ed esemplare, con un metodo prossimo all’archeologia, si può sostenere che fu soprattutto il complessivo intervento pae- sistico promosso da Reid, raffinato botanico dilettante, ad incidere in maniera decisiva sul complessivo immaginario della Ravello di età contemporanea.
La riqualificazione di quell’antico giardino, locus amoenus che aveva ispirato Boccaccio nella descrizione del giardino paradisiaco narrato nell’Introduzione alla Prima Giornata del Decamerone, divenne l’elemento cardine di un immaginario propizio, che condusse, come noto, Richard Wagner, in visita a Ravello nel 1880, a trovare proprio in quegli antichi e fascinosi spazi il giardino di Klingsor del Parsifal.
Il complessivo intervento paesistico, promosso da Reid, che non si limito alle trasformazioni del territorio intorno a villa Rufolo, in quanto lo scozzese operò anche le trasformazioni dei terreni, messi a coltura, di villa Carusiello, proprietà posseduta nella contrada Marmorata situata sul mare10; è assimilabile al paradigmatico caso ligure, nel quale attraverso la trasformazione degli antichi giardini si è gradualmente modificato il contesto paesaggistico costiero.
Pregno della cultura della landscape archeology, Reid, impegnato per oltre vent’anni nell’improvement del giardino della villa, guidato dalla suggestiva atmosfera mediterranea del paesaggio totale circostante, produsse una moderna interpretazione di arte dei giardini, che, travalicando il gusto romantico, botanico e paesistico inglese, ha espresso un nuovo e moderno linguaggio d’arte.
Nelle suggestive terrazze di villa Rufolo, sospese tra il cielo e il mare, abbagliate da luci e colori, il naturalismo botanico inglese si arricchisce di quelle nuove componenti e forme che connoteranno nel corso del Novecento lo stile di giardino neo-mediterraneo, stile capace di trasmettere e reinterpretare i plurimi linguaggi e messaggi prodotti da tutte le civiltà, che si sono affacciate e sviluppate sulle rive del Mediterraneo.
Coadiuvato nell’impresa dal valente allievo giardiniere, Luigi Cicalese (1852-1932), Reid realizzò uno dei giardini più suggestivi del Meridione, che si è fatto caposaldo artistico di una nuova dimensione paesistica tutta contem- poranea. A partire dal fortunato rifacimento ottocentesco del giardino di villa Rufolo, furono poi realizzati a Ravel- lo altri famosi giardini, nei quali englishness e mediterraneità si fondono mirabilmente come, quello di William Beckett, poi Lord Grimthorpe, a villa Cimbrone, dove i ricordi d’Inghilterra, e quelli classici si mescolano armoniosamente nelle scenografiche terrazze a picco sul mare.
Il giardino ottocentesco di villa Rufolo: tra la ricerca di identità e l’attualità di forme e caratteri
Nello sviluppo dell’arte dei giardini degli inglesi sulle rive campane, cosi come avvenne nel caso paradigmatico della Riviera ligure, che vide nel corso dell’Ottocento un eccezionale sviluppo di parchi e giardini lungo le coste13, sono rintracciabili diverse modalità compositive, condizionate ora dalla crescente passione botanica ora dalle nuove correnti estetiche sul giardino ora dalla moda per forme e caratteri, legate alle tradizioni locali mediterranee, ora dal diffuso interesse verso l’esotismo delle piante e degli stili architettonici, e, non ultima, quella tipicamente inglese, che vede l’utilizzo delle piante più appropriate, in considerazione dello stile della villa.
Al piacere del ricco turista inglese di possedere sulle rive del Mediterraneo un giardino di rappresentanza, si ag- giunse quello del collezionismo botanico, moda crescente, che segnò anche l’incremento del mercato vivaistico. L’introduzione e acclimatazione nei parchi e giardini di un’ampia varietà di specie forestiere trasformò l’aspetto di molti giardini e parchi storici delle numerose ville disseminate lungo le rive nostrane.
La ricerca di un’unità di stile nei giardini degli inglesi appare, in molti casi, un problema marginale; le nuove acquisizioni botaniche, introdotte ed acclimatate, nonché gli elementi pittoreschi e romantici, sembrano instaurare in questo particolare tipo di giardino, di sovente, un armonioso “dialogo” con gli elementi mediterranei che connotano il suggestivo e variegato teatro naturale dei paesaggi e dei luoghi che li abbracciano.
Paradigmatico modello di giardino, in cui coesistono al contempo il gusto romantico e i caratteri fortemente connotati del giardino dell’area mediterranea, è quello di villa Rufolo a Ravello, giardino di origini antiche, ripensato, come anticipato precedentemente, da Francis Navile Reid a metà dell’Ottocento. Reid, appassionato di botanica e di arte antica, proveniente da un paese dove dominava l’ecclettismo stilistico, giunto a Napoli nel 1845 presso la famiglia della zia, Lady Carmichael, coniuge di Sir Thomas Gibson Carmichael, e stabilitosi a Posillipo, acquistò nel 1851 l’antica residenza dei Rufolo a Ravello, con la vasta porzione di territorio limitrofo; con spasmodico impegno si dedico al recupero dell’antico giardino della proprietà, che raggiunse con il tempo una notevole estensione nel territorio15. Giorno dopo giorno, recuperando la memoria e le tracce storiche del monumento e padroneggiando la raffinata arts botanica inglese, convogliò le sue ricerche ed energie nella creazione di un giardino, che, seppur realizzato con forti caratteri romantici e pittoreschi ed influenze riconducibili alle memorie del giardino moresco, deve la sua fortuna alla fresca contaminazione data dalla moderna visione reidiana di giardino mediterraneo.
Il giardino ripensato da Reid nell’Ottocento, infatti, era sia capace di richiamare “quel fascinoso altrove, che l’architettura moresca suggerisce”, sia di attirare l’attenzione mediante il mutuo dialogo che istaurò fin da subito con il paesaggio totale circostante; un paesaggio che, a partire dall’intervento ingegnoso dello scozzese, si va trasformando.
Sono proprio i valori paesistici di Ravello, esaltati ed in parte trasformati, a destare maggiore attrazione nel giardino di villa Rufolo, come nota acutamente Paul Hertz nel 1875 “Palazzo Rufalo, più correttamente Ruffuli, attualmente di proprietà di un inglese, Sir Francis Nevile Reed. Li si può vedere uno splendido cortile da leggiadre colonne moresche appaiate con al di sopra degli archi incurvati a forma di foglia: una specie di piccola Alhambra. Resti di architettura moresca sono chiaramente individuabili anche in altri edifici; e in verità proprio la notizia della loro esistenza mi aveva attirato quassù. Arrivato qui invece mi fu difficile concentrare l’attenzione su queste cose, tanto incantevoli erano dappertutto i panorami che si aprivano sul mare e verso le montagne. Il giardino di Palazzo Ruffuli è un gioiello. Nell’ombra degli antichi cortili crescono grandi alberi di camelie e sulle terrazze soleggiate, piante tropicali di ogni genere. E infine la vista del pergolato che si estende lungo i margini scoscesi delle rocce! Ore ed ore stetti seduto lì come in un sogno perduto nella visione di questa costa fe- lice, mentre un leggero aromatico vento d’estate proveniente dalla Sicilia accarezzava il mare azzurro e mi sussurrava nelle orecchie fiabe colme di delizie. O beato te Mr Reed!”. Reid si è fatto portavoce di una nuova dimensione paesisti- ca contemporanea, che è nata in maniera spontanea dalla vocazione già insita in quegli antichi spazi, predisposti a contenere l’espressione e i caratteri che connoteranno lo stile neo-mediterraneo, uno stile di giardino che avrà tanta fortuna e che vedrà molteplici interpretazioni e declinazioni nel corso del Novecento in parchi e giardini affacciati sulle ridenti rive del Mediterraneo.
Nel giardino ravellese emergono con preponderanza alcune caratteristiche peculiari dello stile neo-mediterraneo, quali: il rapporto stringente tra colori e panorami, il recupero di alcuni elementi del giardino classico inteso come giardino di cui si conosce menzione nell’antichità (non quello formale rinascimentale), e, non ultima, l’acclimatazione di specie esotiche, favorite dal clima e dalle temperature miti dei paesaggi costieri mediterranei. Reid, come molti botanici e giardinieri eruditi di quegli anni, fu attirato dalla sperimentazione ed acclimatazione delle piante esotiche, e, con l’aiuto del giovane e valente allievo giardiniere, Luigi Cicalese (1852-1932)18, si cimentò nel giardino in tecniche di innesto, di talee, di semina, di potatura e di concimazione, testimoniate da una fitta corrispondenza tra i due.
Inoltre, come documentato da alcune lettere conservate, lo scozzese risulta in contatto con gli esponenti di rilievo dei maggiori centri botanici europei. In una lettera del novembre 1874, indirizzata a Sir Josph Hooker, direttore del Giardino Botanico di Londra, racconta del suo cimentarsi, sulle terrazze del giardino ravellese, nella coltivazione del tè nero indiano, Assam tea, e in quella dell’Hybrid tea. Nella medesima missiva chiede al direttore dei Kew Gardens consigli in merito ai ripari opportuni per gli agrumeti dei nuovi terrazzamenti, in costruzione proprio in quegli anni nella sua proprietà.
Prontamente arrivò la risposta di Hooker, e, nel dicembre dello stesso anno, Reid indirizza una lettera di ringrazia- mento per i suggerimenti ricevuti in merito al “riparo” dei limoni. Appare inoltre grato del sapiente suggerimen- to di utilizzare l’Altriplex Halimus, un arbusto a crescita lenta, ai tempi poco conosciuto, che non soltanto forniva un’ottima barriera frangivento, ma risultava resistente all’esposizione alla salsedine marina. Nel tempo, come risulta dallo scambio di corrispondenza tra Reid e il suo giardiniere Luigi Cicalese, lo scozzese inserì nel giardino numerose specie esotiche, raccolte sia durante i frequen- ti viaggi sia attraverso lo scambio di bulbi con numerosi collezionisti, con i quali risulta in contatto. Piantò tulipani, introdusse diverse varietà di palma, oleandri, mirti, arbusti australiani, alberi cinesi e rampicanti provenienti dal Giappone, “linaria alpina graziosa pianta per i sassi e Clintinia andrusiana dell’America del Nordo bella per i fiori e frutti”20, amante delle rose, ne piantumò oltre 30 varietà diverse nelle terrazze della villa.
Negli anditi racchiusi tra i ruderi, considerati tra le più interessanti testimonianze dell’architettura del secolo XIII presenti nell’Italia meridionale, l’idea personale di verde che portò a Ravello fu quella di un giardino romantico, che al contempo tradisce il fascino del giardino mediterraneo, nel quale la flora autoctona fu sapientemente mescolata con quella esotica. Nel giardino, convive la quiete ombrosa e
l’appagante frescura di memoria araba e bizantina con l’esplosione vivace delle piante dai colori brillanti, disseminate nelle ridenti aiuole delle terrazze abbagliate dalle luci e colori, dove si è rapiti dallo scenografico panorama costiero. La natura del luogo si offre a Reid nella sua totalità come una risorsa dalla quale attingere energia e nuova linfa, per quelle trasformazioni da lui immaginate. Ad ogni passo del suo giardino ricreò suggestioni uniche; le trasformazioni operate, frutto di un progetto in itinere, furono recepite dal- le successive generazioni di giardinieri che hanno curato il giardino con il medesimo entusiasmo, competenza ed amorevole passione, mostrata dallo scozzese.
Ma ci sono altri aspetti che rendono interessante l’intervento ottocentesco di Reid, il suo ruolo per lo sviluppo urbanistico di Ravello e quello legato all’approvvigiona- mento delle acque per la sopravvivenza dei sui giardini. Reid fece costruire infatti un moderno sistema d’irrigazione, collimando abilmente i propri bisogni ad un gene- roso mecenatismo verso la cittadina.
Nel 1860, allorquando i lavori dei giardini della Villa erano già ad uno stadio avanzato, dovette prontamente trovare una soluzione per l’urgente problema dell’irrigazione, indispensabile per la vita del giardino stesso. A tale scopo, nel 1863, stabilendo una convenzione con la Giunta Municipale del Comune di Ravello, fece costruire a sue spese un acquedotto che portava acqua dalla contrada del Tabernacolo fino alla piazza Vescovado di Ravello.
L’acqua elemento imprescindibile per la vita del giardino, con il suo riflettere e rimodellare la natura circostante abbelliva in molti punti i giardini di Reid, “ivi vasche di acqua zampillante che bolle e ricade per dare alimento ai pesci di svariato colore che vi guizzano”.
Esigue risultano le informazioni riguardo il perdurare dei lavori nel giardino, ma dalla rilettura delle fonti letterarie si evince che alla fine degli anni ’70 i lavori erano conclusi25. Dalla sua riqualificazione della seconda metà dell’Otto- cento ad oggi, il giardino di villa Rufolo è stato centro d’attrazione per numerosi viaggiatori ed artisti26. Palinsesto di più stagioni artistiche, con le sue terrazze sospese tra il cielo e il mare della costiera Amalfitana, il giardino di villa Rufolo ha contribuito nel tempo alla realizzazione di un paesaggio significativo, non soltanto reale, ma anche immaginario, che ha concorso alla fortuna turistica e culturale del luogo.
*per gentile concessione di Dott. Arch. Barbara Bertoli | Phd | Istituto di Ricerca sugli Ecosistemi Terrestri (IRET) UOS | Napoli.
1 M. Zoppi, Storia del giardino euro- peo, Alinea, Firenze 2009, p. 233.
2 F. Mazzino, Paesaggio costiero. Persistenza delle vocazioni storiche e turismo attuale, in Paesaggio co- stiero, sviluppo turistico sostenibile, a cura di A. Calcagno Maniglio, Gangemi, Roma 2009, p. 162.
3 A. Maniglio Calcagno, La cultu- ra inglese nel paesaggio e nei giardi- ni della Riviera Ligure, in Il giardino Italiano dell’Ottocento, atti del con- vegno (Pietrasanta 1989), a cura di A. Tagliolini, Guerini, Milano 1990, p. 57.
4 N. Orengo, Un grande orto bota- nico Ligure. Il giardino Hanbury a La Mortola presso Ventimiglia, in “Bollettino Municipale Mensile”, Municipio di Genova, settembre 1925, p. 1063.
5 F. Marzotto Caotorta, Tendenze colturali nel giardino romantico in Italia, in Il giardino Italiano dell’Ot- tocento, cit., p. 175.
6 Sulla tema della presenza, e del contributo degli inglesi in Toscana nella trasformazione del paesag- gio tra Ottocento e Novecento si veda: D. Lambertini, Residenti an- gloamericani e genius loci: ricostru- zioni e restauri delle dimore fiorenti- ne, in Gli anglo-americani a Firenze. Idea e costruzione del Rinascimento, atti del convegno (Fiesole, George- town University, Villa “Le Balze”, 19-20 giugno 1997), a cura di M. Fantoni, con la collaborazione di D. Lamberini, J. Pfordresher, Bul- zoni, Roma 2000, pp. 160-169; G.
Galletti, Il ritorno al modello classico: giardini anglofiorentini d’inizio seco- lo, in Il giardino storico all’italiana, a cura di F. Nuvolari, Electa, Mi- lano 1992, pp. 75-78; G. Galletti, A record of the works of Cecil Pinsent in Tuscany, in Cecil Pinsent and his gardens in Tuscany, a cura di M. Fantoni, H. Flores, J. Pfordresher, Firenze 1996, pp. 51-59.
7 Sul ritardo della riscoperta di Ravello da parte dei touristes ot- tocenteschi si veda: F. Mangone, Villa Rufolo a Ravello nell’Ottocento: il restauro di un’identità, in Viaggi e soggiorni di primo Ottocento. Oltre Napoli, verso Amalfi e Sorrento, atti del convegno (Amalfi-Sant’Agnel- lo 2016), a cura di A. Berrino, An- geli, Milano 2017, pp. 173-184.
8 M. Romito, La costiera degli stra- nieri nel primo trentennio del Nove- cento, in Spazi di transizione. Il clas- sico moderno (1888-1933), a cura di M. Ponzi, Mimesis, Milano 2009, p. 18.
9 F. Mangone, Villa Rufolo a Ravello nell’Ottocento: il restauro di un’iden- tità, cit., p. 173.
10 D. Richter. Francis Nevile Reid: un inglese nel Sud, in I profumi di Reid. Uno scavo archeologico a villa Rufolo e la vita di un Inglese nella Ravello dell’Ottocento, catalogo del- la mostra (Ravello-Raito di Vietri sul Mare 1999-2000), a cura di D. Richter, M. Romito, Electa Napoli, Napoli 1999, p. 24.
11 F. Mangone, Villa Rufolo a Ravello nell’Ottocento: il restauro di un’iden-
tità, cit., p. 181. [Per un approfon- dimento sul rapporto tra ruderi di architettura, archeologia e vegeta- zione nel giardino storico, si veda il contributo di Renata Picone, pp. 74-82; n.d.c.].
12 M.L. Margiotta, P. Belfiore, Il giardino campano tra “englishness” e mediterraneità, in La memoria, il tempo, la storia nel giardino italiano fra ’800 e ’900, a cura di V. Cazzato, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 1999, pp. 441-456 (si veda, in part., il paragrafo Il giardi- no degli inglesi a Ravello: Villa Rufolo e Villa Cimbrone, p. 449).
13 A. Maniglio Calcagno, La cultu- ra inglese nel paesaggio e nei giardini della Riviera Ligure, cit., p. 67.
14 D. Richter. Francis Nevile Reid: un inglese nel Sud, cit., p. 23.
15 A. Tagliolini, Il sogno mediterra- neo di uno scozzese: il giardino della villa Rufolo a Ravello, in Il giardino Italiano dell’Ottocento, cit., p. 147.
16 F. Mangone, Villa Rufolo a Ravello nell’Ottocento: il restauro di un’iden- tità, cit., p. 181, cat. 12.
17 D. Richter, “O beato te Mr. Reid” Francis Navile Reid e il suo palazzo nella letteratura di viaggio dell’Ot- tocento, in I profumi di Reid…, cit., p.47.
18 Sulla figura di Luigi Cicalese si veda: D. Richter, Francis Nevile Reid: un inglese nel Sud, cit, p. 24; M. Apicella, Immagini e memoria: Costa d’Amalfi 1852-1962, Costa d’Amalfi edizioni, Amalfi 2012, p. 107.
19 Per la corrispondenza tra Reid
e Hooker si veda: D. Richter,
Francis Nevile Reid: un inglese nel Sud, cit., p. 33.
20 A. Tagliolini, Il sogno mediterra- neo di uno scozzese: il giardino della villa Rufolo a Ravello, cit., p. 155. Nel saggio sono pubblicate alcu- ne delle lettere risalenti agli anni 1885-1891, che testimoniano la fit- ta corrispondenza tra Reid e Luigi Cicalese.
21 P. Peduto, Una discarica ottocente- sca nella villa medievale dei Rufolo, in I profumi di Reid…, cit., p. 17.
22 Dopo Luigi Cicalese, il figlio Carlo si prese cura del giardino, l’ultimo giardiniere ad appren- dere in maniera diretta l’arte giardiniera dei Cicalese fu Vin- cenzo Amato che ha lavorato nel giardino fino al 2008.
23 Sui meriti di Reid per lo svilup- po urbanistico di Ravello, e sul ruolo di “donatore dell’acqua” si veda: D. Richter, Francis Nevile Reid: un inglese nel Sud, cit., p. 25.
24 M. Camera, Memorie storico-di- plomatiche: città e ducato di Amalfi, I-II, Stab. Tip. Nazionale, Salerno 1876-1881, II, p. 377.
25 D. Richter, Francis Nevile Reid: un inglese nel Sud, cit., p. 23.
26 Sulle testimonianze degli illustri viaggiatori ottocenteschi che han- no visitato villa Rufolo, si veda: D. Richter, “O beato te Mr. Reid”…, cit., pp. 41-56.
The reconsideration of a Florentine exhibition from the 1930s provides an opportunity to assess, nearly a century later, the results and critical judgments of a cultural event strongly influenced by the particular nationalist context of the time.
The Italian Garden Exhibition was inaugurated on April 24, 1931, in the Salone dei Dugento of Palazzo Vecchio. A rich repertoire of 4000 works dedicated to historical iconography on the theme of gardens, spanning from the Middle Ages to the end of the eighteenth century, was gathered in fifty-two rooms of the Palace. The selection included paintings, drawings, prints, books, games, ancient and modern fake flowers made of fabric, bread crumbs, silver filigree, porcelain beads, and glass beads from Doccia and Murano. The goal of demonstrating on this occasion that the art of the Italian garden had remained at the center of European attention “for almost two thousand years” was the foundation of this important and heterogeneous collection of documents. In the opening lines of the catalog’s presentation, Ugo Ojetti — President of the Executive Commission — wrote:
With this Italian Garden Exhibition, Florence aims to return to the grand historical exhibitions that, in 1911 with the Italian Portrait Exhibition and in 1922 with the Italian Painting of the 17th and 18th Centuries Exhibition, were its pride. This exhibition, too, intends to honor a uniquely Italian art that, after conquering the world, seemed overshadowed by other trends or hidden under foreign names.