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LINEE GUIDA PER IL GIARDINO PLANETARIO

Gilles Clement

IL GIARDINO IN MOVIMENTO

“Il giardino in movimento interpreta e sviluppa le energie presenti sul luogo e tenta di lavorare il più possibile insieme, e il meno possibile contro, alla natura. Deve il suo nome al movimento fisico delle specie vegetali sul terreno, che il giardiniere interpreta alla propria maniera. Dei fiori si stabiliscono in mezzo a un sentiero e obbligano il giardiniere a scegliere: conservare il passaggio o i fiori? Il giardino in movimento raccomanda di rispettare le specie che si insediano in modo autonomo. Questi principi stravolgono la concezione formale del giardino che, in questo caso, si trova totalmente affidato alle mani del giardiniere. Il disegno del giardino, che cambia continuamente, è il risultato del lavoro di chi lo mantiene e non di un’idea elaborata al tavolo da disegno.”

 

IL GIARDINO IN MOVIMENTO 2

“Istruzioni per l’uso: prendete un terreno commisurato alle vostre forze, aspettate le piogge di settembre e quindi gettate la miscela di sementi diverse che avete preparato. Immergete le mani tra i baccelli oleosi del lino e della phacelia e fate il gesto ampio del seminatore, gettando le braccia in avanti e lasciando che i semi vi scivolino tra le dita. Ricominciate, seguendo il ritmo del vostro passo, fino a che non avete esaurito la provvista. Aspettate due o tre settimane e poi tornate, una mattina, a osservare le piantine di gittaione, di papavero, di cinoglosso, di borragine, di verbasco e di fiordaliso, che formano sul terreno una lanugine verde e grigia. Fino alla primavera successiva, non fate niente. Formate le isole e, tra di loro, il percorso, e ripetete la tosatura sugli stessi percorsi, fino a luglio. In questo periodo il giardino è fiorito di specie che spariscono in fretta, e in settembre si avrà un’altra fioritura di specie diverse. Sopprimete le isole di fiori avizziti non appena i loro semi si sono sparsi. Fate attenzione a non sradicare le nuove piantine e disegnate altre isole. I percorsi si formano da soli e anche quelli più recenti hanno già cambiato tracciato. Ritornate al giardino e vedrete che tutto è diverso e tutto è uguale, tutto è pieno di erbe volute e di altre impreviste: siete sul punto di inventare il giardino in movimento!”

 

IL GIARDINO IN MOVIMENTO 3

“Le piante viaggiano. Le erbe, soprattutto.
Si spostano in silenzio, come i venti. Non si può nulla, contro il vento.
Se si mietessero le nuvole, si sarebbe sorpresi di raccogliere sementi imprevedibili mescolate al loess, polveri fertili. Già nel cielo si disegnano paesaggi impensabili.
L’evoluzione ne ha i suoi vantaggi, ma la società no. Il più umile progetto di gestione si scontra con il calendario della programmazione: ordinare, gerarchizzare, tassare, quando tutto può cambiare in un attimo. Come mantenere il paesaggio, quale griglia tecnocratica applicare alle intemperanze della natura, alla sua violenza? Il progetto di controllo totale trova degli alleati inattesi: i radicali dell’ecologia e i nostalgici. Niente deve cambiare, è in gioco il nostro passato; oppure, niente deve cambiare, è in gioco la biodiversità. Tutti contro il vagabondaggio!”

 

L’INCOLTO

“Amo l’incolto, perché non vi si trova nulla che abbia a che vedere con la morte. La passeggiata nell’incolto è aperta a tutti gli interrogativi perché tutto quello che vi succede è destinato a eludere le speculazioni più avventurose. Il fatto che l’Ifla (Fondazione internazionale dell’architettura del paesaggio) classifichi le aree industriali abbandonate come dei paesaggi in pericolo è un segnale davvero rivelatore. Si interpreta la riconquista di un terreno, da parte della natura, come una degradazione, quando invece è esattamente il contrario. E’ un residuo di idee stereotipate, come quella per cui l’uomo non deve mai cedere il terreno che ha conquistato. Tutto quello che l’uomo abbandona al tempo, offre al paesaggio la chance di essere contemporaneamente segnato, dalla sua presenza, e liberato.”

 

IL GIARDINO PLANETARIO

“Ogni frammento di spazio antropizzato può essere considerato come un palinsesto su cui si incidono e si sovrappongono le grandi visioni del mondo. Bisogna favorire una presa di coscienza superiore, definita dall’interazione degli esseri viventi ma anche dei loro sistemi culturali: un sistema eco-etnologico plurale e unitario, allo stesso tempo. Un grande giardino, un pianeta piccolo. Il giardino planetario deriva dalla combinazione tra l’osservazione nomade e un’ipotesi: si può considerare la terra come un unico giardino? E le si possono applicare i precetti del giardino in movimento? Il giardino planetario è un principio, e il suo giardiniere è l’umanità intera.”

 

IL TERZO PAESAGGIO

“Definisce l’insieme degli spazi abbandonati, che sono i principali territori di accoglienza della diversità biologica. Comprende il territorio residuo, sia rurale che urbano, e l’incolto: i cigli delle strade e dei campi, i margini delle aree industriali e le riserve naturali. E’ lo spazio dell’indecisione, e gli esseri viventi che lo occupano agiscono in libertà. Considerare il terzo paesaggio una necessità biologica, che condiziona il futuro degli esseri viventi, modifica la lettura del territorio e valorizza luoghi abitualmente trascurati.”

 

ENDEMISMO E DIVERSITÀ

“L’endemismo è la diversità dovuta all’isolamento, diversità di esseri viventi e di idee. L’isolamento geografico e le barriere climatiche creano altrettanti ambiti in cui si manifestano le specie.
Più numerosi sono i luoghi di vita—i biotopi—più numerose sono le specie capaci di viverci e le società che vi si sviluppano.
Maggiore è la durata dell’isolamento tra i biotopi, e maggiore è la diversità che vi dimora. La diversità si esprime attraverso la varietà degli individui, dei comportamenti, delle credenze.”

 

MESCOLANZA E DIVERSITÀ

“La mescolanza minaccia la diversità e, nello stesso tempo, produce delle situazioni nuove e degli esseri viventi nuovi. Accelerando il ritmo dei suoi spostamenti sulla terra l’uomo, cosciente o meno, accelera la mescolanza delle specie a favore dell’incolto. Ci vuole infatti l’unione di due fattori: i semi, e una superficie che li accolga. La mescolanza è all’opera in ogni angolo del pianeta. Certe specie ubique sono ormai considerate cosmopolite: felci, tasso barbasso, eucalipto, mimosa. La mescolanza planetaria interessa tutti gli esseri viventi e, soprattutto, quelli dotati di uno spettro biologico più ampio. Sapiens, specie unica del genere Homo, ha uno spettro immenso e mescola le sue varietà naturali—le cosiddette razze—con energia e difficoltà. Ne esce un métissage cromatico accompagnato da caratteri singolari che legano, di differenza in differenza, l’insieme della specie umana. Tutti gli umani sono fertili, tra loro, e generano individui fertili. Questa è la definizione di specie. E’ quindi naturale, se non auspicabile, che la mescolanza abbia luogo.”

 

IL CONTINENTE TEORICO

“Assemblato in un’unica figura, l’insieme dei biomi (grandi settori climatici del pianeta) traduce una realtà biologica attuale, risultato della mescolanza planetaria degli esseri viventi. Tranne qualche specie di particolare ampiezza biologica, le piante e gli animali non superano mai i limiti del loro bioma. L’uomo, al contrario, può vivere in tutti i settori climatici del mondo.”

 

PAESAGGIO E GIARDINO

“Il paesaggio rinvia ciascuna delle sue prospettive alle prospettive interiori di chi lo contempla. Il giardino è la dimostrazione di un pensiero. Il paesaggio, sintomo culturale, creazione dello spirito, non sarà niente senza una propria immagine, raggiunta e vinta attraverso il corpo: il giardino. Ogni uomo, assoggettato alla propria cosmogonia, porta in sé un giardino che traduce il paesaggio e, in secondo piano, l’universo intero. Il fatto che in un luogo di natura controllato e circoscritto coabitino il visibile e l’invisibile costringe a considerare questo luogo, il giardino, come il territorio specialistico dell’anima dove l’artificio, quali che siano le capacità e i risultati, si pone al servizio di visioni più distanti. Da qui l’impossibile riduzione di questo luogo ai suoi limiti fisici. La correlazione tra paesaggio e giardino nasce quando l’uomo prende coscienza del proprio ambiente e trova le parole per definirlo.”

 

IL GIARDINO

“Accoglie le piante, gli animali, l’uomo e i suoi sogni. E’ un viaggio, una passeggiata. Vi si accumulano i paesaggi e il percorso si dilata, passando da un universo all’altro. Abbondano le transizioni: si passa da un frutteto a un orto, dal giardino di fiori al prato, dal labirinto al boschetto, dalla stanza vegetale al belvedere, dalla corte alla strada. Nessuno di questi luoghi può dirsi illimitato, e nessun percorso avverrà senza passaggi e senza porte. La tradizione esclude dal giardino tutte le specie viventi, animali e vegetali, che sfuggono al controllo del giardiniere. L’avvento dell’ecologia sovverte questa visione. Per principio, si interessa alla natura nel suo insieme e non al giardino. Tuttavia, il giardino è fatto di natura. Uccelli, formiche, funghi, insetti e semi non riconoscono le frontiere che separano il terreno sottomesso a regime poliziesco e quello selvaggio. Per loro, tutto è abitabile.”

 

L’INDICE PLANETARIO

“Il giardino inteso in senso tradizionale è un luogo privilegiato della mescolanza planetaria. Ogni giardino, fatalmente adornato di specie provenienti da ogni angolo del mondo, può essere considerato come un indice planetario. E ogni giardiniere è un intermediario che favorisce incontri tra specie che erano destinate a non incontrarsi mai. La mescolanza planetaria, originariamente regolata dall’azione naturale degli elementi, si arricchisce dell’apporto dell’attività umana, che è sempre in espansione. La copertura antropica determina il livello di controllo del territorio sottomesso alla regia dell’uomo. Nel giardino, se non tutto è controllato comunque tutto è conosciuto. Le specie trascurate, nel giardino, lo sono volontariamente, per comodità o per necessità, ma lo spazio trascurato non è necessariamente uno spazio sconosciuto. Il pianeta, interamente sottomesso al controllo satellitare, da questo punto di vista è assimilabile a un giardino. Il giardino planetario è una maniera di interpretare l’ecologia integrando l’uomo, il giardiniere, nel meno importante dei suoi spazi. La filosofia che lo definisce deriva direttamente dal giardino in movimento: <fare il più possibile con, il meno possibile contro>. La finalità del giardino planetario è cercare lo sviluppo della massima diversità senza distruggerla. L’obiettivo è: come continuare a far funzionare la <macchina> planetaria, come far vivere il giardino e, quindi, il giardiniere.”

 

ELOGIO DELLE VAGABONDE

“Gli spostamenti degli animali corrispondono, in genere, al viaggio. Quelli delle piante, in genere, al vagabondaggio. Il vagabondaggio delle specie produce effetti spiazzanti: per esempio, i botanici non avevano previsto la categoria <urbana> dell’ecologia. Le piante viaggiano, le erbe soprattutto. Si spostano in silenzio, secondo i venti e secondo il caso, che organizza i dettagli e usa tutti i vettori possibili, dalle correnti marine alle suole delle scarpe. Consideriamo la molteplicità degli incontri e la diversità degli esseri viventi come altrettante ragioni di ricchezza. Osserviamo la vita nella sua evoluzione dinamica, con la sua solita quota di amoralità. Non giudico, ma mi schiero a favore di quelle energie in grado di inventare delle situazioni nuove che, probabilmente, vanno a discapito della diversità. La varietà delle configurazioni contro la diversità degli esseri viventi, anche se certamente l’una non impedisce l’altra.”

 

CLIMAX

“Nell’ecologia vegetale il climax è il livello ottimale di vegetazione per un certo luogo. Può essere una foresta, oppure una brughiera. Osservando un terreno che procede verso il suo climax ci vediamo scorrere davanti agli occhi tutti gli elementi costitutivi del giardino, i suoi archetipi e i suoi elementi, tutti intrecciati gli uni agli altri secondo un destino biologico che, di volta in volta, li protegge o li distrugge. Quello che si può osservare nell’incolto riassume tutte le problematiche del giardino e del paesaggio: il movimento.
Ignorare questo movimento significa considerare la pianta come un oggetto finito, e vuol dire anche isolarla storicamente e biologicamente dal contesto che ne permette l’esistenza.”

 

tratto da: Gilles Clement, Nove giardini planetari, a cura di Alessando Rocca