La Villa Medicea La Petraia è ritenuta una delle più belle e celebrate ville medicee, collocata in una posizione panoramica che domina la città di Firenze. Dal dicembre 2014 il Ministero per i beni e le attività culturali la gestisce tramite il Polo museale della Toscana, nel dicembre 2019 divenuto Direzione regionale Musei. Nel 1364 il “palagio” della Petraia apparteneva alla famiglia Brunelleschi fino a quando nel 1422 Palla Strozzi l’acquistò e ingrandì il possesso comprando i terreni circostanti. Nella prima metà del XVI secolo la villa passò di proprietà ai Salutati, i quali vendettero la villa a Cosimo I de’ Medici verso il 1544, che la donò al figlio, il cardinale Ferdinando nel 1568. Alcune opere di ampliamento erano già iniziate dal 1566, ma fu con Ferdinando, dopo che divenne Granduca nel 1587, che iniziò la trasformazione vera e propria dell’edificio “da signore” simile a un fortilizio in una residenza degna di un Principe.
Dal 1588 quindi, si ebbe un decennio di lavori che con poderosi sbancamenti di terra trasformarono la natura “pietrosa” del luogo (da cui in nome Petraia, cioè piena di pietre) in una scenografica sequenza di terrazzamenti dominata dalla solida mole dell’edificio principale. L’attribuzione tradizionale è per Bernardo Buontalenti, anche se l’unica certezza documentata è la presenza sul cantiere di Raffaello Pagni. La villa venne riorganizzata e ampliata attorno alla trecentesca torre centrale, che venne trasformata in belvedere (dall’Ottocento vi è anche un orologio), ma i maggiori cambiamenti riguardarono il giardino, che venne trasformato nelle tre grandi terrazze sovrapposte antistanti la villa, che per impostazione e stile derivano da quelli realizzati pochi anni prima per la Villa Medici al Pincio (Roma), dove Ferdinando aveva trascorso gran parte della sua vita da (ex-) cardinale. Abbiamo una fedele ricostruzione dell’aspetto dei giardini dell’epoca nella lunetta di Giusto Utens risalente al 1599-1602 che fino al 2010 si trovava al Museo Firenze com’era: la prima terrazza era occupata da un frutteto di piante nane, una vera rarità che incuriosiva le altre corti europee; la seconda terrazza, il Piano del Vivaio, era dominata da una larga vasca centrale, con due rampe di scale ai fianchi, ospitava aiuole con piante “semplici” (cioè officinali, dal nome del Giardino dei Semplici) piantate secondo disegni geometrici, con due edifici loggiati ai lati; la terza terrazza, la più grande, era occupata da due grandi zone ellittiche, con alberi e passaggi coperti; in tutto il giardino inoltre erano disposti gli agrumi in vaso e spalliere di aranci lungo i muri perimetrali, all’esterno dei quali si estendeva il salvatico, il bosco.
La villa ebbe subito una funzione prevalentemente di residenza, rispetto alla funzione di rappresentanza della Villa di Castello o quella venatoria delle numerose ville alle pendici del Monte Albano. Questo spiega anche la presenza di piante di utilità, piuttosto che ornamentali, e la mancanza di statue e fontane. Dopo le nozze del granduca nel 1589, la villa venne assegnata alla sua consorte Cristina di Lorena. Alla sua iniziativa risalgono gli affreschi di Bernardino Poccetti nella cappella privata e gli affreschi celebrativi della Casata Lorena opera di Cosimo Daddi. La villa passò ad appannaggio di Don Lorenzo de’ Medici nel 1609, che la arricchì con il prezioso ciclo pittorico dei Fasti medicei, capolavoro di Baldassarre Franceschini detto Il Volterrano, che ancora oggi decora il cortile (1637-1646). Le scene vennero concepite su suggerimento di Pier Francesco Rinuccini libere da successione cronologica e estrosamente sequenziate come una serie di grandi vessilli a tema storico che celebravano la Casata medicea. Questo importantissimo ciclo pittorico, per quanto riguarda le ville medicee, è secondo solo al ciclo del salone di Leone X nella villa di Poggio a Caiano, anch’esso legato alla celebrazione delle imprese dei Medici attraverso scene di storia romana.
Don Lorenzo de’ Medici riunì qui una preziosa quadreria, mentre Cosimo III fece affrescare la Cappella Nuova da Pier Dandini e Rinaldo Botti nel 1696 circa. Con il nuovo secolo la villa dovette perdere di interesse agli occhi dei suoi proprietari, tanto da essere gradualmente spogliata: il principe di Craon che tenne la reggenza in vece di Francesco Stefano dal 1737, la trovò malinconicamente vuota. I Lorena riarredarono gli ambienti e ripristinarono il corredo della villa: fu realizzata una sala da gioco, una sala con una raccolta di acquerelli cinesi acquistati dal Granduca Pietro Leopoldo nel 1785, e venne ricomposto il giardino. La Fontana di Fiorenza, eseguita da Niccolò Pericoli detto il “Tribolo”, Pierino da Vinci e Giambologna, che eseguì la Venere in bronzo (attualmente sostituita da una copia). Venne trasferita dal parco di Castello al giardino di levante della villa, che ancora oggi si chiama da allora Piano della figurina, riferito alla scultura. Nel 1816 l’architetto Giuseppe Manetti curò alcuni lavori di restauro e ammodernamento.
Il parco romantico all’inglese risale al 1829, quando Leopoldo II di Lorena chiamò il giardiniere boemo Joseph Frietsch, già autore del rinnovo del parco di Pratolino. Allo stesso periodo (1833) risale anche il grande viale carrozzabile che unisce le ville della Petraia e di Castello. In epoca sabauda la villa divenne residenza di Vittorio Emanuele II e di Rosa Vercellana, sua moglie morganatica che amò molto La Petraia. La villa venne di nuovo arredata, questa volta con una serie di mobili di pregio che i Savoia avevano “ereditato” dalle case regnanti degli Antichi Stati italiani dopo l’Unità d’Italia. Arrivarono così pezzi di arredamento, tappeti, quadri e altri parati dalle ville e i palazzi reali di Lucca, Modena, Piacenza e dalle altre ville medicee. Nel 1911 venne redatto un inventario degli arredi, che è stata la principale fonte per ricostruire la disposizione degli arredi per l’allestimento museale contemporaneo; vennero inoltre ridecorati molti soffitti con stucchi bianchi e dorati e con pitture a grisaille; fu rifatto lo scalone e venne installato un impianto di riscaldamento ad aria calda, tutto ad opera degli architetti della Real Casa, i torinesi Fabio Nuti e Giuseppe Giardi.
L’intervento più visibile di quel periodo resta comunque la copertura del cortile centrale con un’ariosa struttura in acciaio e vetro, creato nel 1872 in occasione delle nozze del figlio del Re e Rosina, Emanuele di Mirafiori, che divenne un vero e proprio salone centrale delle feste. Questa soluzione si è rivelata ottimale anche per la preservazione degli affreschi del cortile e senza diminuire la luminosità dell’ambiente e aggiungendo una struttura di pregio architettonico. Questa soluzione è stata in seguito “copiata” usata anche per altri ambienti, come il Chiostro dei Voti nella Basilica della Santissima Annunziata. Contemporaneamente nel Piano della Figurina venivano montate due voliere su progetto di Ferdinando Lasinio, andate perdute, ma delle quali ci restano alcune fotografie d’epoca.
Nel 1919 la villa venne donata allo Stato Italiano, il quale la destinò, come altre ville, all’Opera Nazionale Combattenti, i quali monetizzarono la proprietà disperdendo arredi e decorazioni, ma anche i terreni stessi che facevano parte dell’immenso parco. La villa tornò allo Stato negli anni ’60 e da allora, con un’impennata dopo il 1984 quando fu istituito il Museo nazionale, è stata oggetto di un lento e impegnativo progetto di recupero sia delle parti strutturali, che degli arredi. La fontana di Fiorenza, con il bronzo di Giambologna alla sommità venne smontata e ricollocata al centro del cortile coperto, dove si trovano oggi anche alcune statue provenienti dalla vicina villa di Castello. I progetti per il futuro della villa sono il recupero dei suggestivi sotterranei, con le antiche cucine ed alcune stanze dove dovrebbero venire esposti i modelli realizzati in occasione della Mostra di giardinaggio del 1931, una curiosa serie di plastici di giardini in miniatura che si trovano in deposito nella villa. Negli ultimi anni sono stati effettuati interventi di restauro di varia entità delle tele e degli ambienti della villa curati da Alessandra Griffo e Mauro Linari
Villa Medici a Fiesole è una delle più antiche ville appartenute ai Medici, la quarta, dopo le due ville nel Mugello (Cafaggiolo e Il Trebbio) e la villa di Careggi. Chiamata anche Belcanto o il Palagio di Fiesole, è tra le ville medicee meglio conservate ma al tempo stesso è anche tra le meno note.
Villa Demidoff è la denominazione moderna di quello che resta della Villa Medicea di Pratolino e si trova nella località di Pratolino, a Vaglia, in Provincia di Firenze, in via Fiorentina 276. La villa medicea vera e propria fu demolita nel 1822, ma in seguito venne acquistata dalla famiglia Demidoff.
La Villa Medicea La Petraia è ritenuta una delle più belle e celebrate ville medicee, collocata in una posizione panoramica che domina la città di Firenze. Dal dicembre 2014 il Ministero per i beni e le attività culturali la gestisce tramite il Polo museale della Toscana, nel dicembre 2019.
La villa medicea di Castello si trova nella zona collinare di Castello a Firenze, molto vicina all’altra celebre villa medicea de La Petraia, ed è famosa soprattutto per i magnifici giardini, secondi solo a quelli di Boboli. Oggi la villa, chiamata anche Villa Reale, L’Olmo o Il Vivaio.
Villa La Magia è stata un’importante villa medicea. Il nome deriva probabilmente da maia, femminile di maius, “maggiore”, da intendersi come appellativo per la villa principale della zona. Il nucleo originario della villa fu costruito nel Trecento dalla famiglia pistoiese dei Panciatichi.
Nel 1820, dunque in pieno clima Restaurazione con Ferdinando III di Toscana, l’architetto Giuseppe Cacialli conclude i lavori per la cappella che pochi anni prima aveva commissionato Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone. Sulla facciata esterna, entro un loggiato che ospita due nicchie.