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ANDARE PER GIARDINI “L’opera non è soltanto l’oggetto, ma anche quello che lo circonda e i vuoti, gli spazi.” OSCAR NIEMEYER


L’architettura del Novecento può essere schematizzata in quattro grandi periodi storici: il periodo antecedente alla prima guerra mondiale; quello compreso tra le due guerre; un terzo compreso tra il 1945 ed il 1989, anno della caduta del muro di Berlino; un quarto che congiunge le tendenze dell’ultimo decennio del Novecento con quelle del XXI secolo.

Le tendenze dell’architettura dell’Ottocento influenzarono i primi anni del Novecento; il passaggio tra i due secoli è segnato dall’affermazione dell’Art Nouveau, che resterà in auge fino allo scoppio del primo conflitto bellico. A partire dal 1903 si diffuse il protorazionalismo, mentre contemporaneamente le avanguardie artistico-letterarie (come l’espressionismo o De Stijl) coinvolsero l’architettura e originarono opere di indubbia originalità. Un punto di svolta coincise con la fondazione del movimento Bauhaus (1919), che introdusse con vigore i temi del razionalismo che dominarono il dibattito architettonico tra le due guerre; parallelamente si sviluppò il movimento organico (Frank Lloyd Wright).

Dopo la seconda guerra mondiale prevalse, in molti casi, il ritorno alla tradizione con il Neoliberty, Neoespressionismo, ecc., fino al Postmoderno; contemporaneamente al Postmoderno, a partire dagli anni settanta, si diffuse l’High-tech, l’evoluzione di quella che fu l’architettura del ferro ottocentesca.
ITINERARI DI ARCHITETTURA
ITINERARI DI ARCHITETTURA | BORCA DI CADORE

Nella produzione architettonica di Carlo Scarpa, il progetto per la chiesa di Nostra Signora del Monte rappresenta un episodio poco noto ma di grande interesse, che riflette la sua capacità di fondere tradizione e innovazione.
Situato nella cornice suggestiva delle colline italiane, questo progetto si distingue per l’uso raffinato della luce e dei materiali, elementi chiave del linguaggio scarpiano. La chiesa, mai realizzata, si colloca all’interno della ricerca dell’architetto sulla spiritualità dello spazio, un tema affrontato anche in altre sue opere come il Cimitero di Brion.
Scarpa concepì Nostra Signora del Monte come un luogo in cui il sacro e il paesaggio dialogano attraverso geometrie essenziali e un’attenzione quasi artigianale ai dettagli. I materiali tradizionali, come la pietra e il cemento, vengono trattati con estrema sensibilità, mentre gli elementi architettonici—scale, aperture, giochi d’acqua—contribuiscono a creare un’atmosfera meditativa.
Pur rimanendo un progetto sulla carta, Nostra Signora del Monte rappresenta un’importante testimonianza della poetica scarpiana, in cui ogni elemento architettonico è pensato per evocare un senso profondo di contemplazione e armonia con l’ambiente circostante.

CASA OLIVETTI - IVREA

CONVENTO DI SAN BERNARDINO

Il Convento di San Bernardino a Ivrea è un luogo ricco di storia, il cui destino si intreccia con il percorso culturale e imprenditoriale della Olivetti. Fondato nel XV secolo, il convento era originariamente un luogo di ritiro e preghiera per i frati francescani, con una struttura architettonica tipicamente medievale, caratterizzata da chiostri e affreschi di grande valore artistico.
Nel XX secolo, con la trasformazione industriale di Ivrea, il convento assunse un nuovo ruolo, diventando la prima sede della Olivetti. Qui, Camillo Olivetti avviò la sua attività nel 1908, ponendo le basi di un’impresa che avrebbe rivoluzionato il mondo della tecnologia e del design industriale. Il luogo, che un tempo era dedicato alla spiritualità, divenne così un centro di innovazione, dove si iniziarono a produrre le prime macchine per scrivere dell’azienda.
Nel corso degli anni, il convento non fu solo un centro produttivo, ma anche un importante luogo di formazione per le nuove generazioni di tecnici e progettisti. La visione di Olivetti non si limitava alla produzione di macchine, ma comprendeva un’idea più ampia di cultura del lavoro, in cui la preparazione professionale e l’educazione umanistica andavano di pari passo. Questo spirito si rifletté anche nei successivi sviluppi dell’azienda, che investì in scuole, biblioteche e iniziative sociali per i propri dipendenti.
Oggi, il Convento di San Bernardino resta un simbolo della fusione tra passato e futuro: da luogo di preghiera a culla di un’impresa illuminata, ha incarnato valori di comunità, innovazione e cultura, che ancora oggi ispirano chi studia la straordinaria esperienza della Olivetti.

Alain de Botton | Architecture and Happiness Un campo, da qualche parte, appena fuori città.
Per milioni di anni è rimasto a dormire sotto una coltre di ghiaccio. Poi arrivò un gruppo di individui dalle mascelle pronunciate, accese fuochi e, su un piedistallo di pietra, sacrificò un animale a divinità sconosciute. Passarono i millenni. Fu inventato l’aratro, qualcuno vi seminò grano e orzo. Il campo appartenne ai monaci, poi al re, quindi a un mercante e infine a un contadino che ricevette un generoso compenso dallo Stato per cederlo a una variopinta processione di ranuncoli, margherite e trifoglio rosso.

Questo campo ha avuto una vita intensa. Durante la guerra, un bombardiere tedesco, fuori rotta, lo sorvolò. Bambini, stanchi di lunghi viaggi in auto, si fermavano ai suoi margini per rimettere lo stomaco. Al calar della sera, qualcuno si sdraiava sull’erba a domandarsi se le luci nel cielo fossero stelle o satelliti. Ornitologi lo percorsero in lungo e in largo con calzini color sabbia, alla ricerca di famiglie di tordi bottaccio. Durante un viaggio in bicicletta attraverso le isole britanniche, due coppie norvegesi montarono le tende per passarvi la notte e, sotto la tela, cantarono Anne Knutsdotter e Mellom Bakkar og Berg. Le volpi osservavano curiose, i topi iniziavano timide esplorazioni. I lombrichi, invece, non lasciavano le loro gallerie.

Ma per questo campo, il tempo è finito. Il cespuglio di tarassaco diventerà presto il salotto del civico 24. A pochi metri, tra i papaveri selvatici, sorgerà il garage del numero 25, e lì, dove ora volano farfalle bianche, si troverà la sala da pranzo dove un giorno, qualcuno che ancora non è nato, litigherà con i propri genitori. Sopra la siepe, la cameretta dei bambini sarà progettata da una donna davanti a un computer, in un ufficio climatizzato, all’interno di un complesso accanto a un’autostrada.

All’altro capo del mondo, in un aeroporto, un uomo avrà nostalgia della sua famiglia e penserà alla sua casa, le cui fondamenta saranno state scavate proprio dove ora si riflette una pozzanghera.
Il villaggio di Great Crosby farà del suo meglio per sembrare antico e inevitabile, ma nessuno parlerà più dei tordi bottaccio, dei picnic, o di quella lunga sera d’estate in cui le note di Mellom Bakkar og Berg riecheggiavano nell’aria.
La promessa di un campo

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